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Le responsabilità penali del Lavoratore nel caso egli sia causa di infortuni sul lavoro per i colleghi

Le responsabilità penali del Lavoratore nel caso egli sia causa di infortuni sul lavoro per i colleghi

29.11.2018
Le responsabilità penali del Lavoratore nel caso egli sia causa di infortuni sul lavoro per i colleghi

La Corte di Cassazione si è espressa sulla tematica delle responsabilità colpose del Lavoratore nel caso di infortuni da lui causati ai colleghi, sul luogo di lavoro (Cassazione Penale, Sez.IV, 2 novembre 2018 n.49885).

Ma prima una premessa.

Come tutte le figure coinvolte negli obblighi di sicurezza espressi dal D.Lgs. 81/08, anche il Lavoratore può rispondere (anche penalmente) in relazione a sue azioni o omissioni.

Ciò capita sia nel caso in cui il Lavoratore commetta reati collegati al mancato adempimento dei propri obblighi espressi dal D.Lgs.81/08 (“reati di pericolo”), sia nel caso commetta i cosiddetti “reati di evento”, quali lesioni personali colpose (art.590 c.p.) o omicidio colposo (art.589 c.p.) in relazione ad una sua colpa “specifica” (per violazione degli obblighi dell’art. 20 del D.Lgs. 81/08) o ad una sua colpa “generica” (quale imperizia, imprudenza o negligenza).

Nella presente sentenza la Cassazione individua una colpa specifica del Lavoratore in relazione ad una omissione dei suoi obblighi ex art. 20 del D.Lgs. 81/08, ponendo però particolare attenzione alla sua “maggiore esperienza lavorativa” rispetto a quella del collega infortunato: una situazione che peggiora la valutazione a carico del Lavoratore, poi condannato per lesioni personali colpose (ex art. 590 CP).

Dalla Sentenza: “Il responsabile dello stabilimento, G.P., aveva incaricato gli operai S.T. e M.G. di smontare una macchina per portare il motore, tramite un paranco, all’officina del piano sottostante secondo dettagliate modalità che garantivano la sicurezza dell’operazione“. Tuttavia i due lavoratori “concordemente, decidevano di non seguire le puntuali istruzioni date dal loro superiore, in quanto ritenute gravose, e insieme si adoperavano per rimuovere una porzione della griglia che faceva parte del pavimento di quel piano per calare la macchina da tale apertura utilizzando un paranco mobile che avevano attaccato ad una capretta metallica posta sopra la botola stessa“. A questo punto “l’operazione era riuscita ed il M.G. era sceso al piano di sotto per togliere il cavo del paranco dal macchinario“. (..) “I due, tuttavia, non concordavano le azioni successive e così il M.G. decideva di risalire subito al piano soprastante per vedere se il S.T. avesse bisogno di aiuto. Quest’ultimo, nel frattempo, si accingeva a riposizionare la griglia sulla apertura al fine di ripristinare il pavimento ed aveva, quindi, spostato la capretta metallica“. M.G. quindi “metteva il piede nella botola non ancora richiusa e precipitava al piano inferiore, da un’altezza di 4,5 metri, riportando la frattura dell’astragalo con conseguente malattia della durata di 88 giorni“.

L’operaio S.T., ritenuto responsabile dell’infortunio del collega, ricorre in Cassazione segnalando che “nella qualità di semplice operaio non era gravato da alcun obbligo di natura antinfortunistica, non rivestendo la qualifica né di datore di lavoro né quella di altra figura equiparabile. Contesta l’applicabilità dell’art.20, del d.lgs. n.81/2008, affermando di non avere compiuto di propria esclusiva iniziativa alcuna manovra pericolosa, in quanto aveva concordato e condiviso con il suo collega di lavoro M.G. le modalità operative“.

La Corte, confermando la condanna del Lavoratore, afferma che “il giudizio di responsabilità si fonda sulla ritenuta posizione di garanzia ricoperta dal S.T. ai sensi dell’art.20, d.lgs.n.81/2008, che, al primo comma, recita: ‘Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro“.

La Cassazione conclude infatti ricordando che “la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che in materia di infortuni sul lavoro, il lavoratore in base al citato disposto normativo è garante, oltre che della propria sicurezza, anche di quella dei propri colleghi di lavoro o di altre persone presenti quando si trova nella condizione di intervenire per rimuovere le possibili cause di pericolo, in ragione della maggiore esperienza lavorativa (Sez.4, n.36452 del 15/05/2014, Rv. 262090)“.

Infatti “il S.T., quale operaio addetto alla manutenzione, avesse un’anzianità ed una formazione tali da potere apprezzare e cogliere il pericolo creato dalla procedura seguita per calare il macchinario al piano sottostante, in violazione delle disposizioni appena ricevute dal superiore e del disposto normativo dell’art.20, d.lgs.n.81/2008“.

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