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(Avv. Dubini – Approfondimenti) Datore di lavoro non responsabile per comportamento abnorme di un lavoratore

(Avv. Dubini – Approfondimenti) Datore di lavoro non responsabile per comportamento abnorme di un lavoratore

09.05.2016

Datore di lavoro non responsabile per comportamento abnorme di un lavoratore
di Rolando Dubini, avvocato in Milano, Studio Legale Carozzi-Dozio-Dubini, consigliere nazionale Aias

Corte di Cassazione: il Datore di lavoro non è responsabile per l’infortunio a seguito di condotta del lavoratore abnorme e imprevedibile derivante dal mancato uso del freno a mano
La pur non recentissima sentenza della Corte di Cassazione penale, sezione IV, 11/06/2014, n. 24595 è stranamente passata sotto silenzio.
Nel 2008 un operaio rimase ferito gravemente in un tragico incidente sul lavoro: nel 2014 i titolari della ditta della quale era dipendente vennero assolti in via definitiva. La corte di Cassazione accolse il ricorso dei legali di Loris Pasa e Luca Venzon, imprenditori feltrini con ditta operante in Trentino, a Novaledo.

L’uomo, rimasto semiparalizzato, aveva avanzato tramite i suoi legali una richiesta all’azienda di risarcimento di quasi 2 milioni di euro. Il caso risale al primo febbraio 2008 quando Maurizio Dalvai, oggi 53enne, trentino di Borgo Valsugana, fu protagonista di un singolare incidente durante il trasporto di una piastra in cemento precompresso. L’episodio avvenne nel capannone della ditta V.P. Elle di Loris Pasa & C. che produce pannelli per l’edilizia.
Dalvai lavorava su un muletto in coppia con un collega a terra incaricato di agganciare e sganciare i pesanti pannelli. Ad un certo punto Dalvai scese dal muletto probabilmente per velocizzare i lavori. Il carrello, senza freno a mano e su un falso piano, lo travolse, schiacciandolo contro la piastra e causandogli ferite che gli hanno provocato una paralisi dalla cintola in giù.

Il processo di primo grado per lesioni colpose escluse la responsabilità dei datori di lavoro, difesi dagli avvocati Maurizio Paniz e Paolo Patelmo, che furono assolti.
La Corte d’Appello di Trento fu però di diverso avviso e condannò Pasa e Venzon.
La Cassazione, infine, ha annullato la sentenza di secondo grado, senza rinvio. In via definitiva, cioè. I titolari dell’azienda non sono dunque responsabili dell’incidente occorso all’operaio, al quale era stato raccomandato più volte di non scendere dal mezzo durante il lavoro. Nonostante l’esperienza di anni quel giorno però lo fece.

Per la Cassazione non emerge da questo comportamento la necessaria prudenza e l’uso del buonsenso da parte del dipendente, al quale è da attribuire l’intera colpa dell’incidente, la cui unica causa viene comunque ricondotta dalla Cassazione al non avere azionato, come suggerisce il buonsenso e come ognuno sa, il freno a mano: dunque è rimasto vittima dopo aver fatto un gesto del tutto imprevedibile, la cui responsabilità non può essere attribuita a soggetti diversi dallo stesso infortunato.

MASSIMA (di Rolando Dubini)
“Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, le disposizioni in materia antinfortunistica rispondono all’esigenza di garantire l’incolumità dei lavoratori anche in presenza di condotte negligenti ed imprudenti dei medesimi, è tuttavia altrettanto vero che, secondo la stessa giurisprudenza, la condotta del lavoratore può giungere ad interrompere il nesso causale (tra condotta colposa del datore di lavoro ed evento determinatosi) allorché si presenti, oltre che gravemente negligente ed imprudente, del tutto imprevedibile.

Si è quindi sostenuto che il datore di lavoro è esonerato da responsabilità quando il comportamento del lavoratore sia abnorme, tale essendo stato definito il comportamento imprudente del lavoratore che, o sia stato dallo stesso posto in essere in maniera del tutto autonoma ed in un ambito estraneo alle mansioni affidategli – e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro – ovvero, pur rientrando nelle mansioni che gli sono proprie, sia consistito in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili, e quindi prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nello svolgimento delle mansioni affidategli (v. ex plurimis Cass. n. 952/97, Maestrini, e n. 40164/04).

Qualora sia stato accertato che il carrello elevatore manovrato dall’infortunato sia perfettamente funzionante, compreso l’impianto frenante, deve necessariamente ritenersi che l’infortunio si è verificato, non tanto perché l’operatore è sceso dalla macchina o perché si è posto davanti alla stessa [o dietro o di lato n.d.r.], comunque contravvenendo ad elementari regole di prudenza, quanto perché, prima di scendere dal mezzo, non ha provveduto ad azionare il freno di stazionamento, ovvero lo ha azionato in maniera non corretta (nel caso di specie lo stesso infortunato, si legge nella sentenza di merito, aveva dichiarato di non ricordare di avere completamente azionato il freno prima di scendere dal carrello).

In questo caso l’infortunio trova la sua scaturigine nel mancato ovvero nello scorretto uso del freno di stazionamento, cioè nella violazione, da parte del lavoratore, di elementari regole di prudenza; in particolare, di quella che impone, nel caso di arresto di un qualsiasi veicolo, specie se in un luogo in pendenza, la corretta attivazione della leva del freno. Regola che, peraltro, lo stesso giudice del gravame ha riconosciuto essere stata richiamata al lavoratore ed allo stesso ben nota fin dal tempo in cui, alle dipendenze di altra ditta, manovrava un carrello elevatore, sia pure di più ridotte dimensioni.

Se questa è l’origine dell’incidente, sembra evidente che la tesi della “non incisiva” formazione del lavoratore – negata nel caso di specie dagli imputati, che hanno richiamato la documentazione in atti, gli accertamenti eseguiti dall’ispettore del lavoro e le testimonianze rese dai compagni di lavoro dell’infortunato, cui ha fatto preciso riferimento il giudice di primo grado che ha ricordato, oltre che la testimonianza di del collega cinese, le dichiarazioni rese da altri due lavoratori colleghi dell’infortunato, ed inoltre quelle del titolare della ditta presso la quale il lavoratore infortunato aveva svolto, per quasi ventun anni, anche mansioni di carrellista, e quelle di altro dipendente, che aveva dichiarato di avere istruito l’infortunato nell’uso del muletto, compresa la manovra di arresto dello stesso che prevedeva lo spegnimento del motore, l’inserimento del freno a mano e l’appoggio per terra delle forche – perde qualsiasi rilievo in punto di efficienza causale della co ndotta dei due imputati rispetto all’evento. Questo essendo stato evidentemente causato dall’errata manovra dell’infortunato, che si è posta quale causa sopravvenuta idonea, per la sua evidente abnormità ed imprevedibilità, ad interrompere il nesso causale tra la condotta contestata e l’evento determinatosi.

In altri termini, se agli imputati viene rimproverato di non avere “incisivamente” curato la formazione del dipendente, deve prendersi atto del fatto che non poteva certo ragionevolmente prevedersi che l’infortunato, peraltro da anni addetto anche alla conduzione di carrelli elevatori, potesse omettere di inserire, ovvero inserire in maniera errata, il freno a mano, dopo avere, peraltro, arrestato il mezzo in zona in pendenza. Ove anche “non incisiva”, la formazione del lavoratore non poteva non essere sufficiente almeno quel tanto che bastava per fargli comprendere la necessità, una volta arrestato il carrello, di azionare correttamente la leva del freno in modo da assicurare lo stazionamento del veicolo. Appartiene, invero, alla più elementare e comune esperienza di chiunque si trovi a condurre veicoli del genere più diverso (dalla “Panda” al “TIR”, portati quali esempio nella sentenza impugnata), la necessità, nel fermare un qualunque veicolo, di azionare il freno a mano, specie se la sosta avviene in luogo non pianeggiante. é può attribuirsi agli imputati una omessa vigilanza del lavoratore, incaricato di eseguire mansioni alle quali era da anni anche addetto e che per anni aveva mostrato di saper svolgere senza errori e nel rispetto delle norme di settore.
A fronte di tale evidente e grave imprudenza del lavoratore, le considerazioni svolte dal giudice del gravame si presentano del tutto irrilevanti, oltre contraddittorie rispetto alle stesse premesse fattuali dal medesimo evidenziate, e persino generiche.

Così, laddove nella sentenza impugnata è stata segnalata l’assenza di una “incisiva” formazione del lavoratore infortunato, essendo stato il documento di valutazione dei rischi ritenuto estremamente generico poiché “non consente di apprezzare l’idoneità dell’attività di prevenzione e formazione, non essendovi alcuna esplicitazione dei rischi considerati e delle criticità della prestazione affrontate nella formazione”.

Affermazione che si pone in contrasto, non solo con quanto in proposito osservato dal giudice di primo grado, sul punto non smentito dai giudici del gravame, circa quanto emerso dalle testimonianze rese dall’ispettore del lavoro (che, come sopra già rilevato, ha richiamato quanto emerso dalla documentazione acquisita e dalle informazioni testimoniali ricevute dai colleghi di lavoro dell’infortunato e da altri testi), ma anche con quanto dallo stesso giudice del gravame richiamato in punto di fatto in ordine alle dichiarazioni rese da collega cinese, il quale ha riferito, come si è già avuto modo di rilevare, di sapere anche lui condurre il muletto perché gli avevano insegnato a manovrarlo e gli era stato raccomandato, nel fermarsi, di “mettere giù le forche a terra, tirare i freni e spegnere il motore, dopo scendere giù”.

Lo stesso giudizio di “non incisività” della formazione si presenta generico, laddove non ha precisato il giudice del gravame, né comprende questa Corte, in che termini avrebbe dovuto essere “incisiva” la formazione a fronte della condotta gravemente imprudente del lavoratore che, prima di scendere dal muletto e porvisi davanti, avrebbe dovuto eseguire una manovra assolutamente ovvia e nota a chiunque si ponga alla guida di un veicolo, la cui esecuzione non avrebbe dovuto richiedere altro che maggiore attenzione da parte dell’operatore, non certo formazioni o informazioni particolari.

Non si comprende quale avrebbe potuto essere la formazione “incisiva” che avrebbe dovuto esser assicurata al lavoratore, tale da essere capace di evitare l’evento prodottosi, ed a quale procedura “rigorosa” egli avrebbe dovuto essere addestrato (in sentenza sono state richiamate la verifica del corretto funzionamento del freno a mano prima di scendere dal mezzo e l’apposizione di zeppe alle ruote), rispetto a quella nascente, non solo dall’esperienza specifica, dallo stesso maturata anche presso altra ditta, di conduttore di carrelli (certamente significativa, a prescindere dalle dimensioni del mezzo, poiché anche il più leggero dei mezzi industriali e degli stessi veicoli di uso civile richiede, una volta arrestato dal conducente, l’utilizzo del freno di stazionamento), ma dalla comune esperienza quotidiana e dalle più elementari regole della logica e di elementare prudenza, note a chiunque conduca un qualsiasi tipo di veicolo, industriale o civile.
Esperienza e regole elementari, che impongono al conducente di qualsiasi veicolo -ove anche si tratti di un’utilitaria che circoli su una strada- di azionare il freno di stazionamento allorché si arresti e scenda dal mezzo, specie se il luogo dell’arresto sia in pendenza, e di accertarsi che la leva del freno sia stata correttamente azionata.

In tale contesto, nessun rilievo presentano le ulteriori osservazioni svolte dal giudice del gravame in punto di assenza del libretto di uso e manutenzione del carrello, assenza di cartelli, mancata apposizione di zeppe alle ruote. Si tratta, invero, di osservazioni che non spostano i termini della questione, poiché a nessuna delle citate circostanze può attribuirsi un qualche apprezzabile rilievo causale a fronte della evidente e plateale imprudenza del DM, come più volte sopra evidenziata e descritta.

Ciò anche a non voler considerare:
– che la cartellonistica ritenuta mancante per l’assenza di avvisi circa “la pericolosità del mezzo e delle cautele da osservare nella conduzione” dello stesso, certamente avrebbe dovuto riguardare prescrizioni sulle modalità di utilizzo del carrello ed i correlati divieti, non certo la precisazione -del tutto ovvia- che l’operatore, dopo essersi arrestato su un luogo in pendio deve, prima di scendere dal mezzo, azionare il freno,
– che l’apposizione delle zeppe non avrebbe impedito l’evento, poiché l’infortunato, per eseguire tale operazione, avrebbe dovuto portarsi davanti al carrello, comunque non correttamente stazionato,
– che la presenza del libretto di uso e manutenzione del veicolo non avrebbe avuto nessun effetto, poiché la regola di azionare il freno prima di scendere da un mezzo non sta certo scritta nel predetto manuale, costituendo la stessa l’elementare e più ovvio corredo della primaria esperienza di chiunque si trovi a condurre un veicolo.

Premesse queste circostanze, non può porsi in dubbio che, nel caso oggetto di esame, non possono attribuirsi ai datori di lavoro dell’in fortunato condotte causalmente rilevanti nella determinazione dell’evento verificatosi, essendosi posta la condotta del lavoratore quale causa unica e determinante dell’evento stesso, avendo assunto tale condotta i caratteri della abnormità e della imprevedibilità, ed essendo quindi assurta quale causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento.

Ciò che evidentemente esonera gli imputati da ogni responsabilità.”

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avv. Rolando Dubini