Skip to content Skip to footer

(Avv. Dubini – Approfondimenti) Il Responsabile del servizio di prevenzione e protezione

(Avv. Dubini – Approfondimenti) Il Responsabile del servizio di prevenzione e protezione

07.04.2014

Il Responsabile del servizio di prevenzione e protezione
di Rolando Dubini, avvocato in Milano, Studio Legale Carozzi-Dozio-Dubini, consigliere nazionale Aias, dal libro:

I modelli organizzativi 231 e la sicurezza sul lavoro. Gestione della responsabilità amministrativa delle imprese“. Con CD-ROM
Autore Dubini Rolando; Carozzi Giorgio
Prezzo di copertina € 45,00
2013, 512 p., brossura
Editore EPC (collana Salute e sicurezza sul lavoro)

modelli_231_dubini

1. Premessa giurisprudenziale
L’omissione da parte del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) all’obbligo posto a suo carico di individuare i fattori di rischio per i lavoratori laddove contribuisca a cagionare colposamente una lesione personale in danno di un lavoratore integra il reato di cui all’art. 590 c.p., che, ricorrendone le condizioni (lesioni gravi o gravissime), è procedibile d’ufficio ai sensi del comma 5 di detta norma: ciò in quanto l’omissione di condotte doverose in relazione alla funzione di RSPP realizza la violazione dell’intero sistema antinfortunistico, senza che abbia alcuna rilevanza il mancato apprestamento di una specifica sanzione penale per la violazione del sistema. (Cass. pen., sez. IV, 18.03.2010 n. 16134).

Secondo la Cassazione “…«occorre distinguere nettamente il piano delle responsabilità prevenzionali, derivanti dalla violazione di norme di puro pericolo, da quello delle responsabilità per reati colposi di evento, quando, cioè, si siano verificati infortuni sul lavoro o tecnopatie. Ne consegue che il responsabile del servizio di prevenzione e di protezione qualora, agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato, o abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo, così, il datore di lavoro ad omettere l’adozione di una doverosa misura prevenzionale, risponderà insieme a questi dell’evento dannoso derivatone, essendo a lui ascrivibile un titolo di colpa professionale che può assumere anche un carattere addirittura esclusivo”».

Peraltro, “il responsabile del servizio di prevenzione e di protezione è…esente da responsabilità prevenzionali, derivanti dalla violazione delle norme di puro pericolo, qualora agisca come tale, ma non se il datore di lavoro lo investa di delega, ne faccia, ai fini prevenzionali o a determinati fini prevenzionali, il proprio alter ego, assumendo il delegato, in questo caso, gli stessi oneri del datore di lavoro e, quindi, le stesse, eventuali, responsabilità”…“con tutte le conseguenze in tema di procedibilità di ufficio” [Cassazione Penale, Sez. 4, 31 marzo 2006, n. 11351].

2. Il Servizio di Prevenzione e Protezione ed il suo Responsabile
L’art. 2 comma 1 lett. l) del decreto legislativo n. 81/2008 definisce il servizio di prevenzione e protezione quale l’“insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori”.

Il medesimo articolo, alle lettere f) e g), fornisce poi le definizioni dei componenti del servizio: “f) “responsabile del servizio di prevenzione e protezione»: persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all’articolo 32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
g) «addetto al servizio di prevenzione e protezione»: persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all’articolo 32, facente parte del servizio di cui alla lettera l) del presente articolo
“.

Poichè la figura dell’addetto è facoltativa ed eventuale, mentre quella del Respponsabile (RSPP) è obbligatoria sempre, il servizio di prevenzione e prevenzione si identifica innanzitutto con l’RSPP. La definizione di “responsabile del servizio di prevenzione e protezione” presenta interessanti innovazioni rispetto alla corrispondente definizione contenuta nell’abrogato articolo 2 D.Lgs. 626/94: “si tratta comunque di esplicitazioni che mirano a puntualizzare maggiormente rispetto al passato le modalità operative con cui va esercitato tale ruolo nonché la natura di quest’ultimo, senza modificare nella sostanza, ma anzi confermando, l’impostazione della precedente legislazione”. In tal senso, “è stato introdotta l’indicazione secondo cui il RSPP “risponde” del suo operato al datore di lavoro. Si ritiene che tale esplicitazione vada letta come una indicazione di natura “funzionale” (che non modifica in termini gerarchici il rapporto tra RSPP – che resta figura di staff alla direzione aziendale – e datore di lavoro), tesa a far sì che vi sia un rapporto diretto tra RSPP e datore di lavoro, non mediato da altri soggetti intermedi cui l’RSPP spesso nella pratica aziendale si trova a dover riferire” (A. Guardavilla).

Il legislatore ha inteso dunque “stringere ulteriormente il collegamento funzionale tra il datore di lavoro e l’RSPP, secondo una logica di continuità rispetto ad altre previsioni già presenti nella normativa anche antecedente” (A. Guardavilla) al decreto in oggetto, ed ora ulteriormente confermate da questo decreto, quali la norma relativa alla indelegabilità dell’obbligo di designazione dell’RSPP [(art. 17 comma 1 lett. b)] e le norme sanzionatorie che attribuiscono al datore di lavoro la responsabilità in via contravvenzionale per l’operato inadeguato del responsabile del servizio, inquadrando:
– il datore di lavoro come soggetto giuridico onerato degli obblighi prevenzionali strutturali (dato il suo potere decisionale e di spesa) in via principale, con una posizione di garanzia originaria non derivata
– il RSPP come figura dotata di competenze consulenziali avente il compito di mettere il primo in condizione di adempiere a tali obblighi.

In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, “gli obblighi di vigilanza e di controllo che gravano sul datore di lavoro non vengono meno con la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, cui sono demandati dalla legge compiti diversi intesi ad individuare i fattori di rischio, ad elaborare le misure preventive e protettive e le procedure di sicurezza relative alle varie attività aziendali” [Cass. Pen., sez. IV, 04.07.2008, n. 27420]: e dunque “la mera designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione non costituisce una delega di funzioni e non è dunque sufficiente a sollevare il datore di lavoro e i dirigenti dalle rispettive responsabilità in tema di violazione degli obblighi dettati per la prevenzione degli infortuni sul lavoro” [Cass. Pen., sez. IV, 08.02.2008, n. 6277].

Nella definizione di cui all’articolo 2 viene ricordato che l’rspp coordina il servizio di prevenzione e protezione: tale sottolineatura intende, seppur con un verbo improprio che rimanda alla ben altrimenti connotata figura del coordinatore nel cantiere, far emergere la natura consulenziale del ruolo di RSPP – già prevista dal decreto legislativo 19 .09.1994 n. 626 ed ora ulteriormente ribadita dal decreto 9 aprile 2008 n. 81 – quale figura cui è richiesta un’attività di coordinamento consulenziale nell’ambito del servizio di prevenzione e protezione, da svolgersi attraverso un approccio sistemico ed integrato.

Per le attività più rischiose è prevista l’istituzione obbligatoria del servizio di prevenzione interno all’azienda o all’unità produttiva (art. 31 comma 6, che significa che il responsabile del servizio prevenzione e protezione deve essere un interno).
Il legislatore ha dunque recepito normativamente un prassi oramai invalsa da tempo in alcune aziende aziende: difatti il comma 7 dell’art. 31 D.Lgs. n. 81/2008 consente la costituzione di un unico servizio di prevenzione e protezione nelle aziende con più unità produttive nonché nei casi di gruppi di imprese.
L’articolo 32 D.Lgs. n. 81/2008, infine, ripropone, con varianti, il contenuto dell’articolo 8-bis del D.Lgs. n. 626/94, richiamando l’accordo in Conferenza Stato-Regioni del 26.01.2006 e prevedendo che le competenze acquisite debbano essere registrate nel libretto formativo del cittadino, istituito dall’articolo 2, c. 1, del D.Lgs. 276/2003, ma nei fatti, tuttora oscuro oggetto di desiderio. sfuggente ed evanescente, previsto in alune regioni ma non attuato.

Gli studiosi sono concordi nel ritenere che il soggetto designato dal datore di lavoro a svolgere le funzioni di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, sia da intendersi come organo meramente consultivo e propositivo, svolgendo “il ruolo di mero coordinatore” del servizio di prevenzione e protezione, con funzione di “supporto tecnico al datore di lavoro” (Giovanni Nicolini, ISL n. 3/99 p. 139), il quale farà sua la consulenza “per meglio ottemperare agli obblighi di cui è esclusivo destinatario” (Culotta, il responsabile esterno del servizio di sicurezza. Responsabilità civile e penale, Culotta, Di Lecce, Costagliola, Prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro,1996, 98).

La norma citata dispone infatti che il servizio di prevenzione e protezione “è utilizzato” dal datore di lavoro, è quindi un mero strumento a disposizione dello stesso, senza autonomo potere decisionale, tanto è vero che nessuna sanzione a titolo contravvenzionale è prevista a carico dell’RSPP e degli addetti al servizio, mentre tutti gli altri soggetti aziendali e non possono incorrere in contravvenzione.

I compiti del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione sono indicati dall’articolo 33 – Compiti del servizio di prevenzione e protezione del D.Lgs. 81/2008:
1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede:
a) all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale;
b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive di cui all’articolo 28, comma 2, e i sistemi di controllo di tali misure;
c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;
d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, nonchè alla riunione periodica di cui all’articolo 35;
f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all’articolo 36.
Risulta anche chiaro che nessun potere ha il Responsabile del servizio, in quanto tale (diverso il caso in cui, impropriamente, venga designato Rspp un soggetto aziendale che fa parte della linea operativa aziendale come preposto o dirigente,ma in tal caso opereranno le sue responsabilità in quanto dirigente o preposto,e non quale Rspp) di adottare le misure di sicurezza, essendo privo di autonomia finanziaria, e “pertanto in tale veste deve considerarsi semplice ausiliario del datore di lavoro” (Giovanni Nicolini, ISL n. 3/99 p. 139), in quanto “nel modello di gestione partecipata proposto dalla nuova disciplina, il datore di lavoro è obbligato ad operare le proprie scelte in materia, interpellando sempre i suoi esperti e consultando contemporaneamente i rappresentanti dei beneficiari della tutela, affinché le decisioni da adottare sia le più meditate possibili e vengano assunte alla stregua delle indicazioni scaturenti dalla costruttiva dialettica di tutte le parti interessate” (Culotta, Di Lecce, Costagliola, “Prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, pp. 69, V ed. 1998, Il sole 24Ore).

In effetti il responsabile e gli addetti del servizio di prevenzione e protezione mantengono una “funzione essenzialmente consultiva e promozionale” e ciò la dottrina prevalente lo inferisce dall’assenza di obblighi penalmente sanzionati in capo ai predetti, in quanto “non sono stati compresi tra i soggetti sanzionati penalmente per le violazioni eventualmente commesse nell’esercizio delle loro attribuzioni” (op. cit.).

In tal senso si è aggiunto che “i componenti del servizio aziendale di prevenzione, essendo semplici ausiliari del datore di lavoro, non possono venire chiamati a rispondere direttamente del loro operato, proprio perché difettano di un effettivo potere decisionale. Essi sono soltanto dei consulenti e i risultati dei loro studi e delle loro elaborazioni, come pacificamente avviene in qualsiasi altro settore dell’amministrazione dell’azienda (ad esempio, in campo fiscale, tributario, giuslavoristico ecc.), vengono fatti propri da chi li ha scelti sulla base di un rapporto di affidamento liberamente instaurato e della loro opera si avvale per meglio ottemperare agli obblighi di cui è esclusivo destinatario” (op. cit.).

Tuttavia, mentre le norme prevenzionali (D.Lgs.81/2008) non prevedono l’RSPP come soggetto penalmente responsabile, diverso è il caso in cui si verifichi un danno ad un lavoratore o ad altro soggetto sul luogo di lavoro: l’RSPP può in tal caso essere legittimamente chiamato a rispondere per la sua condotta, sia in sede penale [reato di omicidio colposo (art. 589 c.p.) o di lesioni colpose (art. 590 c.p.)], qualora si possa ritenere che il fatto reato sia “conseguenza della sua azione o omissione” (art. 40 c.p.), sia in sede civile, poichè: “qualunque fatto doloso o colposo, che cagioni ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno” (art. 2043 c.c., ma anche art. 2087 c.c.).

La responsabilità penale del responsabile del servizio di prevenzione e protezione può derivare da fatto doloso del medesimo o da negligenza tale da configurare il concorso di colpa nel reato proprio del datore di lavoro o del dirigente, mentre per quanto riguarda le sanzioni di cui al D. Lgs. n. 81/2010 tale figura è esclusa da qualunque tipo di responsabilità derivante dall’inadempimento delle obbligazioni di cui al decreto citato. L’obbligazione assunta dal responsabile interno del servizio di prevenzione e protezione è comunque quella di adempiere ai compiti affidatigli con la necessaria diligenza professionale (art. 1176 comma 2 c.c.), e dunque può conseguirne, nei confronti dell’azienda, sia una responsabilità contrattuale, sia una responsabilità civile extracontrattuale e, ni confronti dello Stato, penale per colpa speciale e professionale.

Si è anche rilevato la posizione del responsabile esterno del servizio di protezione non è equiparabile a quella del responsabile interno che sia anche dipendente dell’azienda medesima e sia collocato all’interno della linea, dell’organigramma aziendale con precisi compiti operativi: infatti in quest’ultimo caso il responsabile del servizio assumerà, a seconda delle competenze attribuitegli formalmente o svolti di fatto, connaturate allo svolgimento delle mansioni effettivamente svolte, l’eventuale responsabilità per la posizione di garanzia propria del dirigente o del preposto, e sarà dunque tenuto non solo a proporre, ma anche all’adempimento degli obblighi discendenti dalla sua posizione gerarchica quali quelli di vigilanza e controllo, e dunque dovrà dare attuazione a quanto ha previsto di realizzare come Rspp.
Per quel che riguarda le responsabilità civile dell’rspp, interno o esterno a seconda dei casi, qualora il suo operato procuri danni a terzi, occorre fare riferimento al alcuni fondamentali articoli del Codice civile.

Di grande interesse è la sentenza Cassazione Penale, sez. IV, 31 marzo 2006, n. 11351, secondo la quale “…«occorre distinguere nettamente il piano delle responsabilità prevenzionali, derivanti dalla violazione di norme di puro pericolo, da quello delle responsabilità per reati colposi di evento, quando, cioè, si siano verificati infortuni sul lavoro o tecnopatie. Ne consegue che il responsabile del servizio di prevenzione e di protezione qualora, agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato, o abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo, così, il datore di lavoro ad omettere l’adozione di una doverosa misura prevenzionale, risponderà insieme a questi dell’evento dannoso derivatone, essendo a lui ascrivibile un titolo di colpa professionale che può assumere anche un carattere addirittura esclusivo»”…ma, se «il responsabile del servizio di prevenzione e di protezione non risulta destinatario per legge dell’osservanza dei precetti prevenzionali, la condotta dello stesso, ancorché oggettivamente violatrice di taluno di essi, non potrà mai essere considerata caratterizzata da un titolo di colpa specifica e, quindi, il reato nei suoi confronti risulterà perseguibile solo ad istanza della persona offesa»”. Peraltro, “il responsabile del servizio di prevenzione e di protezione è…esente da responsabilità prevenzionali, derivanti dalla violazione delle norme di puro pericolo, qualora agisca come tale, ma non se il datore di lavoro lo investa di delega, ne faccia, ai fini prevenzionali o a determinati fini prevenzionali, il proprio alter ego, assumendo il delegato, in questo caso, gli stessi oneri del datore di lavoro e, quindi, le stesse, eventuali, responsabilità”…“con tutte le conseguenze in tema di procedibilità di ufficio” [Cass. Pen., sez. IV, 31.03.2006, n. 11351].
La Cassazione penale (15.01.2010, n. 1834) conferma la sentenza che riguarda un ingegnere responsabile del servizio di protezione e prevenzione designato dal titolare di una s.p.a., e condannato per il delitto di lesioni colpose gravi in danno di un operaio-dipendente che perdeva l’equilibrio, precipitando da un’altezza di m. 3,15 dal suolo, nell’effettuare di notte “in assenza di luce artificiale e di cinture di sicurezza le operazioni di posizionamento dei ganci di un carrello elevatore all’estremità di un tubo metallico per gasdotto sovrapposto ad altri in quinta fila perdeva l’equilibrio”.

Nel confermare la condanna, la sez. IV osserva che “la designazione -ai sensi dell’art. 4, comma 4, lettera a), D.Lgs. n. 626/1994 [ripreso dall’art. 17, comma 1, lettera b), D.Lgs. n. 81/2008]- dell’imputato quale responsabile del servizio prevenzione e protezione ha posto quest’ultimo in una specifica posizione nei confronti dei beneficiari delle norme antinfortunistiche, competendogli l’osservanza dei compiti dettagliatamente elencati nel successivo art. 9 [ripreso dall’art. 33 D.Lgs. n. 81/2008], e, tra essi, l’obbligo dell’individuazione dei fattori di rischio e delle misure di prevenzione da adottare”.

Ne deduce che, “nel fare ciò, il responsabile del servizio opera per conto del datore di lavoro, il quale è persona che giuridicamente si trova nella posizione di garanzia, poiché l’obbligo di effettuare la valutazione e di elaborare il documento contenente le misure di prevenzione e protezione, in collaborazione con il responsabile del servizio, fa capo a lui in base all’art. 4, commi 1, 2 e 6 del D.Lgs. n. 626/1994 [ora artt. 17, comma 1, lettera a), 28 e 29 D.Lgs. n. 81/2008], tanto è vero che il medesimo decreto non prevede nessuna sanzione penale a carico del responsabile del servizio, mentre punisce il datore di lavoro per non avere valutato correttamente i rischi”.

Sottolinea che “il responsabile del servizio di prevenzione e protezione è, in altri termini, una sorta di consulente del datore di lavoro ed i risultati dei suoi studi e delle sue elaborazioni, come pacificamente avviene in qualsiasi altro settore dell’amministrazione dell’azienda, vengono fatti propri dal datore di lavoro che lo ha scelto, con la conseguenza che quest’ultimo delle eventuali negligenze del consulente è chiamato comunque a rispondere”, e che “il soggetto designato responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur rimanendo ferma la posizione di garanzia del datore di lavoro, possa, ancorché sia privo di poteri decisionali e di spesa, essere ritenuto corresponsabile del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere, nel sistema elaborato dal legislatore, che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione”.

Respinge la deduzione difensiva “secondo cui nulla avrebbe potuto fare l’iimputato per eliminare i rischi connessi alla movimentazione dei tubi, giacchè il rischio di caduta da una catasta di essi non era preventivabile, in quanto la manovra di aggancio non comportava la salita sui tubi e nessuna segnalazione di rischi del genere era stata a lui comunicata”.

Precisa che un tale difesa muove “da un’interpretazione del disposto del D.Lgs. n. 626/1994, art. 9 [ora art. 33 D.Lgs. n. 81/2008] e, più in generale, delle regole che presidiano la responsabilità per condotta omissiva in materia di infortuni sul lavoro, assolutamente non condivisibile”, poiché “l’opzione esegetica sottesa postula invero che, laddove non vi siano poteri di amministrazione attiva in materia di adeguamento dei luoghi di lavoro, e segnatamente di intervento e di spesa, non possa, perciò solo, esservi responsabilità per colpa in connessione al verificarsi di un infortunio, laddove, salvo verifiche della situazione fattuale determinatasi in concreto, può al più essere vero il contrario”.

Chiarisce ancora, in relazione alle funzioni riservate al responsabile del servizio di prevenzione e protezione, che “l’assenza di capacità immediatamente operative sulla struttura aziendale non esclude che l’inottemperanza alle stesse – e segnatamente la mancata individuazione e segnalazione dei fattori di rischio delle lavorazioni e la mancata elaborazione delle procedure di sicurezza, nonché di informazione e formazione dei lavoratori – possa integrare un’omissione ‘sensibile’ tutte le volte in cui un sinistro sia oggettivamente riconducibile a una situazione pericolosa ignorata dal responsabile del servizio”.
E aggiunge che, “considerata la particolare conformazione concepita dal legislatore per il sistema antifortunistico, con la individuazione di un soggetto incaricato di monitorare costantemente la sicurezza degli impianti e di interloquire con il datore di lavoro, deve presumersi che, ove una situazione di rischio venga dal primo segnalata, il secondo assuma le iniziative idonee a neutralizzarla”.

Conclusivamente, la sez. IV prende atto che “la movimentazione dei tubi costituiva una fase antecedente, ma imprescindibile, al loro avvio nelle linee di lavorazione interne al capannone industriale della azienda”, e che l’imputato, “per la qualifica rivestita, non poteva ignorare, appunto perché prodromica al ciclo di lavorazione e ripetuta costantemente, i rischi connessi alla fase di movimentazione, specie qualora il prelievo riguardava una catasta di tubi che poneva il superiore ad un’altezza da terra tale da costituire una potenziale situazione di pericolo per l’incolumità degli operai addetti alla movimentazione” (v. Guariniello, Il T.U. Sicurezza sul Lavoro commentato con la giurisprudenza [aggiornato con il D.Lgs. 106/2009], Milano, 2009, 381 s.)“.

__________________
avv. Rolando Dubini