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RSPP: “nuove responsabilità” secondo la Cassazione, obbligo di aggiornamento continuo in materia di sicurezza, insufficente valutazione dei rischi

RSPP: “nuove responsabilità” secondo la Cassazione, obbligo di aggiornamento continuo in materia di sicurezza, insufficente valutazione dei rischi

16.04.2012
RSPP: "nuove responsabilità" secondo la Cassazione, obbligo di aggiornamento continuo in materia di sicurezza, insufficente valutazione dei rischi

(Il presente post trae origine da un momento formativo realizzato dall’Avv. Rolando Dubini, con cui il Comitato opera in stretta collaborazione, a proposito del “nuovo ruolo” dell’RSPP alla luce dell’evoluzione della giurisprudenza interpretativa: la quale vede in in questa sempre più competente figura un ruolo centrale nelle dinamiche prevenzionistiche dal momento che, senza una corretta e completa valutazione dei rischi, non è possibile pensare di poterli efficacemente gestire. L’RSPP, come colui che realizza la valutazione dei rischi o comunque “affida” tale valutazione a professionisti competenti nelle diverse e specifiche aree di rischio, è in formazione permanente e quindi oggi più di ieri è capace di poter svolgere al meglio la sua attività valutativa: questo comporta che a lui, che pure viene definito nel D.Lgs. 81/08 (e s.m.i.) come “collaboratore” del Datore di Lavoro, vengano oggi di fatto attribuite maggiori responsabilità nel caso di incompletezza e/o incorrettezza delle valutazioni dei rischi aziendali.
Si riporta dunque questa sentenza dalla Corte di Cassazione (Sezione IV – Sentenza n. 104 del 4 gennaio 2011 (u. p. 21 ottobre 2010) – Pres. Morgigni – Est. D’Isa– P.M. Geraci – Ric. C.E.) che rappresenta un punto di svolta nell’ambito della codifica del ruolo e delle responsabilità dell’RSPP medesimo)

La Corte di Cassazione ha confermato l’obbligo di aggiornamento in materia di salute e sicurezza sul lavoro per i soggetti responsabili delle condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro.

Ciò vale in riferimento sia alle disposizioni di legge vigenti in materia di salute e di sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/08 e s.m.i.), sia in riferimento all’articolo 2087 del Codice Civile che oggi inizia ad essere applicato a figure diverse dall’imprenditore, a cui pure codesto articolo è direttamente indirizzato, tra cui anche l’RSPP

IL FATTO: a seguito di esplosione di “polverino di lana” (materiale di scarto della lavorazione della lana) in una azienda di Biella, si era generato il crollo del capannone con la morte di tre lavoratori e lesioni personali gravi ad altri cinque.
A seguito di ciò l’Amministratore Delegato, il Presidente del Consiglio di Amministrazione ed il RSPP dell’Azienda erano stati ritenuti colpevoli dei delitti di omicidio e di lesioni colpose, aggravate dal crollo colposo.

L’imputazione nei primi gradi di giudizio riguardava il non aver valutato il rischio di incendio/esplosione legato alla presenza sul luogo di lavoro di “polverino di lana”, il quale non era classificato come materiale combustibile o esplodente: tuttavia, benché fosse un rischio poco conosciuto, il Giudice aveva valutato che si sarebbe comunque potuto individuare il rischio se fosse stato fatto riferimento a studi scientifici pubblicati diversi anni prima (nel 1985 e nel 1997) negli USA, portati alla conoscenza della Corte dal perito del Tribunale (un noto Professore universitario)

In questa logica, nei primi gradi di giudizio era stata ravvisata colpa generica a carico del RSPP riferita ad una sua carenza di competenza specifica, ragione per cui anch’egli era stato coinvolto nelle responsabilità.

La Cassazione, nel confermare la condanna a due anni di reclusione ciascuno per l’Amministratore Delegato, il Presidente del Consiglio di Amministrazione ed il RSPP dell’Azienda, ha ribadito l’obbligo di “continuo e completo aggiornamento tecnico” oltre che del “più spinto aggiornamento” per coloro che in Azienda sono Responsabili di posizioni di garanzia verso i lavoratori (a tutela della loro salute e sicurezza).

Al di là di questa indicazione, i suggerimenti interessanti che emergono da questa innovativa Sentenza a proposito del ruolo e delle responsabilità del RSPP sono che:
– nella valutazione dei rischi si devono considerare non solo gli strumenti conosciuti ed assodati, ma anche gli studi tecnici di settore;
– talvolta il RSPP viene coinvolto nel campo di attività dell’art. 2087 cc – Tutela delle condizioni di lavoro, un articolo che pure identifica obblighi specifici solo a carico del Datore di Lavoro, dal momento che si sta affermando una lettura estensiva di tale articolo (che tende in qualche modo a leggere come “Datore di lavoro” tutti coloro che collaborano al progetto imprenditoriale, pur essendo dipendenti ed in posizione subordinata in azienda);
la sussistenza del rischio e la prevedibilità sono i criteri principali per l’attribuzione di una colpa.

Nell’ambito della valutazione del rischio, per le Aziende a RIR (Rischio di Incidente Rilevante, dotate di un RSPP obbligatoriamente “interno” all’Azienda medesima) diventa quindi importante potersi avvalere -se necessario- di professionisti e consulenti esterni che sappiano supportare le conoscenze del proprio RSPP aziendale, realizzando idonee valutazioni sui rischi specifici presenti in azienda: in caso contrario, un RSPP non competente su rischi specifici che voglia comunque improvvisarsi valutatore (pur non capace, magari sotto la pressione del contesto aziendale o comunque in una mal letta logica di personale “efficienza”), si assume la responsabilità di quanto valuta.

E delle relative carenze nella valutazione.

Insomma, se è pur vero che il RSPP è qualificato dal TU per la sicurezza come consulente del Datore di Lavoro, il suo ruolo oggi è in significativa evoluzione: aspettiamoci ulteriori novità.

Il Settore Formazione del Comitato Tecnico Professionale GPL – Milano

Clicca qui per il download della Sentenza

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AGGIORNAMENTO APRILE 2015: la risposta del Ministero del Lavoro circa il significato di RSPP “interno”

L’interpello al Ministero del Lavoro (protocollo 37/0018423/MA007.A001 del 04.11.2014) fa emergere la chiara indicazione ministeriale secondo cui “il termine ‘interno’ non può intendersi equivalente alla definizione di ‘dipendente’, ma deve essere sostanzialmente riferito a un lavoratore che assicuri una presenza adeguata per lo svolgimento delle proprie attività“.

Cliccare qui per maggiori informazioni.