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Sentenza: il Consulente esterno all’Azienda può essere Preposto (di fatto)

Sentenza: il Consulente esterno all’Azienda può essere Preposto (di fatto)

11.03.2013
Sentenza: il Consulente esterno all'Azienda può essere Preposto (di fatto)

Torniamo a fare riferimento al “Preposto di fatto“, citando una sentenza di primo grado del Tribunale di Aosta (del 2 marzo 2012) che entra nel merito del comportamento di un consulente esterno ad una Impresa edile, sostenendo che tale comportamento lo ha qualificato come “Preposto di fatto” (anche se il Consulente era ovviamente esterno all’Impresa), con le conseguenti responsabilità collegate a questa funzione.

I fatti. Il Consulente in questione era il fondatore di una impresa edile, successivamente ceduta a terze persone le quali erano diventate i Datori di Lavoro aziendali: questa persona era rimasta comunque collegata all’Impresa, in veste di Consulente esterno appunto, e per la sua capacità tecnica era impiegato dall’Impresa nei lavori più sensibili e complessi.
Il giorno dell’infortunio era stato realizzato un sopralluogo al cantiere “al solo fine di prendere visione dei lavori di ristrutturazione di un rudere e provvedere alle necessarie misurazioni“: il testo della Sentenza del Tribunale di Aosta specifica che “non vi erano dispositivi di protezione individuale, né scale, trabattelli o imbragature. Lo stesso imputato confermava di non avere portato alcun attrezzo o dispositivo di protezione, perché non stavano nell’elicottero” (con cui gli operatori erano stati trasportati fino alla zona del cantiere).

Il questo contesto, con la “prospettiva di effettuare dei lavori che presentavano rischi per l’incolumità dei lavoratori addetti, sia in relazione ai pericoli di crollo per la vetustà dell’edificio, ridotto allo stato di rudere, sia in relazione ai pericoli di caduta dall’alto, avveratisi in occasione dell’esecuzione di talune misurazioni“, il Consulente incaricava l’operario B. “di salire su un muro di spina per rimuovere alcuni listelli di legno del tetto: operazione durante la cui esecuzione il muro cedeva, con conseguente caduta a terra del B.” (e sue conseguenti lesioni gravi “consistenti in frattura dell’ulna e del radio del braccio destro e frattura della IX costola destra e dalle quali è derivata una malattia di gg. 221“).

A fronte di questa dinamica il Trbunale conclude che “se la negligenza risulta di tutta evidenza -né risulta sostanzialmente contestata dalla difesa dell’imputato- appare invece problematica l’imputazione della responsabilità nei confronti di C., quale preposto di fatto della s.r.l.“.

L’interesse della Sentenza risiede nel fatto che questa imputazione quale “preposto di fatto” viene erogata al Consulente non tanto in ragione dello storico “pricipio di effettività” già storicamente codificato in diverse sentenze della Cassazione, quanto in ragione dello specifico art. 299 del D.Lgs. 81/08 (“Esercizio di fatto di poteri direttivi”) che codifica espressamente questo principio di effettivià inserendolo all’interno del Testo Unico della sicurezza, ufficializzandolo rispetto alla “sola” giurisprudenza interpretativa: la Sentenza dice chiaramente che tale responsabilità è stata attribuita al Consulente “per avere esercitato di fatto, in assenza di regolare investitura, i poteri giuridici del preposto, definito dal citato art. 2” (del D.Lgs. 81/08 “Definizioni”)

La sentenza precisa che “a tale conclusione, si perviene evidenziando che:
– l’imputato aveva una adeguata competenza professionale fornitagli non solo dal titolo di studio e dalle precedenti esperienze professionali, ma anche dalla particolare fiducia che il legale rappresentante di C. s.r.l. riponeva in lui in un momento di rilevante difficoltà personale, causato da ragioni di salute.
– egli svolgeva di fatto una ampia gamma di mansioni, da quelle tecniche a quelle commerciali, disponendo di ampi poteri di iniziativa e di impulso, esercitati di fatto in piena autonomia;
– nell’ambito di tali mansioni, sovrintendeva all’attività lavorativa dei dipendenti dell’impresa, vigilando la corretta esecuzione delle opere e delle direttive impartite dal datore di lavoro (nell’ambito dei cantieri) o da se medesimo (nell’ambito dei sopralluoghi finalizzati al procacciamento di affari o commesse);
– disponeva direttamente della manovalanza dell’impresa e ne ripartiva i compiti, allorché si trattava di svolgere lavori che gli permettessero di assolvere gli incarichi ricevuti
“.

Per questo motivo, essendo “preposto di fatto”, secondo la Sentenza il Consulente “avrebbe potuto e dovuto, ai sensi dell’art. 19 comma 1 lett. f) D.Lgs. n. 81 del 2008, ‘segnalare tempestivamente al datore di lavoro … sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro’. In altri termini, egli, prima del sopralluogo, era ben consapevole che gli operai svolgevano le mansioni alle quali erano addetti con strumenti di lavoro inadeguati e privi di dispositivi di protezione individuale ed avrebbe dovuto segnalare tali pericoli al datore di lavoro.
Dall’omissione di tale segnalazione, discende nel caso in esame l’affermazione di responsabilità del preposto di fatto
“.

In conclusione, la sentenza evidenzia in maniera chiara come le responsabiltà in materia di sicurezza e salute sul lavoro devono essere intese su base fattuale: chi opera un Azienda secondo prerogative e funzioni che la normativa attribuisce specificatamente ad una figura per la sicurezza, “di fatto” il soggetto sta rivestendo il ruolo di quella figura, con compiti e responsabilità collegate.

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Il Settore Formazione del Comitato Tecnico Professionale GPL – Milano