(Avv. Dubini – Approfondimenti) Il dirigente: modalità di organizzazione e di esercizio della funzione di vigilanza delle attività lavorative…..
Il dirigente: modalità di organizzazione e di esercizio della funzione di vigilanza delle attività lavorative e in ordine all’adempimento degli obblighi previsti al comma 3 bis dell’art.18 del D. Lgs. n. 81/08
di Rolando Dubini, avvocato in Milano
1. Dirigenti: compiti e responsabilità dei dirigenti. Aspetti generali
Il DIRIGENTE è definito dal D.Lgs. n. 81/2008 come “garante organizzativo” della sicurezza e igiene del lavoro:
art. 2 c. 1 lett. d D.Lgs. 81/2008 «dirigente»: “persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa”.
La Cassazione, in un caso, ha efficacemente sottolineato che “la veste di dirigente [la fattispecie riguardava un imputato, direttore dello stabilimento in cui avvenivano le lavorazioni pericolose, cui è stato mosso l’addebito di aver consentito che i lavoratori accedessero usualmente all’interno della catena di lavorazione per consentirne il funzionamento; e di non aver adottato misure tecniche volte ad evitare che gli organi delle macchine in lavorazione fossero protetti, segregati oppure provvisti di dispositivi di sicurezza, il che causava una lesione personale ad un’operaio] non comporta necessariamente poteri di spesa; e fonda autonomamente la veste di garante per la sicurezza nell’ambito della sfera di responsabilità gestionale attribuita allo stesso dirigente. Tale ruolo è indipendente dalla delega, istituto che trova applicazione quando il datore di lavoro trasferisce su altro soggetto, in tutto o in parte, doveri e poteri (anche di spesa) che gli sono propri” [Cassazione Penale, Sez. 4, 12 novembre 2008, n. 42136].
La definizione del Testo Unico ex art. 2 di dirigente (ma anche di preposto) “fotografa la posizione dei diversi soggetti aziendali” (Anna Guardavilla) e pone l’accento “sulla natura dell’incarico conferito”, in linea con la conclusione alla quale da tempo era arrivata la giurisprudenza, secondo la quale “tali qualità [di dirigente e/o preposto] discendono dalla loro posizione assunta all’interno delle singole aziende o enti” (Cass. Pen. , sez. III, sentenza n. 14017 del 15/04/05)” [Antonella Guadagni], ovvero può essere individuata facendo riferimento tanto all’organigramma funzionale aziendale quanto alle reali mansioni di fatto esercitate.
La Suprema Corte ha con chiarezza sottolineato che “il tratto caratteristico della figura dirigenziale è rappresentato dall’esercizio di un potere ampiamente discrezionale che incide o sull’andamento dell’intera azienda ovvero che attiene ad autonomo settore produttivo della stessa azienda, non essendo richiesto come elemento necessario il fatto che il dirigente venga preposto ed abbia poteri decisionali in ordine all’intera struttura aziendale” (Vedi Cass. Sez. Lav. 11.07.07 n°15489).
Ancora la Cassazione ha definito il Dirigente come colui che: “sia pure nell’osservanza delle direttive programmatiche ricevute dal datore di lavoro, ha comunque i poteri e quindi è in grado di imprimere un indirizzo ed un orientamento al governo complessivo dell’azienda e/o ad un suo ramo o settore autonomo, assumendo tutte le corrispondenti responsabilità di alto livello” (Vedi Cass. 2005 n°19903).
Da notare che la figura professionale del dirigente implica lo svolgimento di compiti coordinati e non già subordinati a quelli di altri dirigenti, di qualsiasi livello, i quali siano caratterizzati da significativa autonomia e poteri decisionali, che li differenzino qualitativamente da quelli affidati agli impiegati direttivi (Cass. Sez. Lavoro 19.07.07 n°16015).
2. Nozione di dirigente
Premesso che “l’individuazione dei destinatari degli obblighi di prevenzione dagli infortuni sul lavoro va compiuta caso per caso, con riferimento alla organizzazione dell’impresa e alle mansioni esercitate in concreto dai singoli” (Cassazione sez. IV, n. 927 del 29.12.82), possiamo affermare che la nozione di dirigente, ai fini della corretta applicazione della legislazione prevenzionistica, è definibile grazie al Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81,sulla base di quanto desumibile dall’art. 55 del Decreto medesimo, che elenca gli obblighi penalmente sanzionati a carico del dirigente stesso, in rapporto al ruolo effettivamente ricoperto nell’ambito dell’organigramma aziendale, e alle mansioni effettivamente esercitate (principio di effettività).
La sentenza della Cassazione penale sez. III – Sentenza 20 maggio 2003, n. 22036 – [Pres. Vitalone – Est. Franco – P.M. (Parz.diff.) Geraci – Ric. Lazzareschi] fornisce utili precisazioni a proposito della figura del dirigente nel contesto della legislazione di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. La fattispecie riguarda la condanna di un direttore dei lavori di una cava, il quale – condannato per il reato di cui all’art. 35, comma 2, D.Lgs. n. 626/1994 [ora art. 71 c. 3del D.Lgs. n. 81/2008], per non aver adottato le misure di sicurezza relative al taglio di una bancata di marmo – deduce a propria discolpa che “le norme antinfortunistiche in questione si rivolgono solo al datore di lavoro, mentre egli non aveva tale qualità, né era stato specificamente delegato dal datore di lavoro“.
La Sez. III ribatte che “l’art. 89, comma 2, D.Lgs. n. 626/1994 [ora art.55 D.Lgs. n.81/2008] espressamente prevede che le sanzioni per le violazioni delle norme antinfortunistiche si applicano non solo al datore di lavoro, ma anche ai dirigenti, e nella specie l’imputato è stato ritenuto colpevole proprio nella sua qualità di direttore dei lavori, e cioè di dirigente”. (sulla responsabilità del dirigente v., Cass. 30 gennaio 2001, Colizzi e altri, in ISL, 2001, 3, 158; Cass. 24 giugno 2000, Rodano, ibid., 2000, 10, 548; Cass. 30 maggio 2000, Borroni, ibid., 2000, 9, 491).
Questa nozione penalistica sostanziale di dirigente ai fini della sicurezza implica anche una circostanza della massima importanza: il dirigente dal punto di vista del diritto penale del lavoro, non è necessariamente colui che opera in base ad un contratto di lavoro subordinato con la qualifica di dirigente, ma è colui che, anche di fatto, svolge compiti prevenzionistici del tutto assimiliabili a quelli spettanti, in senso proprio, ad un soggetto che ha il contratto di dirigente.
Viceversa, colui che ha il contratto di dirigente, ma non gestisce lavoratori, e non esercita effettivamente un potere dirigenziale, organizzativo in senso proprio, non è, ai fini del diritto penale del lavoro, un dirigente.
La nozione di dirigente, già presente nell’articolo 4 del d.P.R. 27 aprile 1955 n, 547 (ma anche nei d.P.R. n. 303/56 e 164/56), veniva continuamente ripresa e riproposta in tutto il D. Lgs. n. 626/94, così come modificato ed integrato dal D. Lgs. n°242, e ora dal D.Lgs.n. 81/2008 come soggetto obbligato, pro parte, a precisi obblighi originari di sicurezza, a prescindere da incarichi formali (che al più possono estendere l’ambito di responsabilità, in correlazione all’estensione dei compiti di prevenzione e protezione pattiziamente individuati).
L’art. 2 comma 1 lett. d. ) del D. Lgs. n. 81/2008 individua il dirigente come il garante organizzativo della sicurezza del lavoro: ovvero colui che, nell’ambito dell’obbligazione di sicurezza ripartita innanzitutto tra datori di lavoro, dirigenti, preposti, è, anche di fatto (art. 299 D.Lgs. n. 81/2008) la ” persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l’attivita’ lavorativa e vigilando su di essa”. Per incarico non si intende in alcun modo ne uno specifico incarico in materia di sicurezza del lavoro,ne tanto meno una delega specifica di funzioni antinfortunistiche ne tanto meno un potere di spesa. La definizione legale “fotografa” (Gurdavilla) gli organigrammi aziendali consegnando automaticamente “iure proprio” alle figure gerarchiche aziendali compiti prevenezionistici inerenti il normale incarico aziendale, cui potranno, eventualmente, aggiungersi anche deleghe specifiche e attribuzione di peculiari poteri di gestione e spesa.
Dunque il dirigente è, tautologicamente, colui che dirige, che organizza, che esercita una supremazia che si estrinseca in un effettivo potere organizzativo dell’attività lavorativa, nel potere di decidere le procedure di lavoro, e di organizzare opportunamente i fattori della produzione, sempre nell’ambito dei compiti e mansioni effettivamente devolutegli dall’organizzazione aziendale, e dal datore di lavoro, in primis.
3. Il fondamentale principio di supremazia
Il principio della supremazia è un criterio comunemente utilizzato per individuare il dirigente (ma anche il preposto) in “chiunque, in qualsiasi modo, abbia assunto posizione di preminenza rispetto ad altri lavoratori così da poter loro impartire ordini, istruzioni o direttive sul lavoro da eseguire, deve considerarsi automaticamente tenuto, ai sensi dell’ art. 4 del DPR 547/55, DPR 303/56 e D. Lgs. 626/94 [oggi D.Lgs.n. 81/2008 artt. 2 comma 1 lett. d) e 18], ad attuare le prescritte misure di sicurezza e a disporre e ad esigere che esse siano rispettate, a nulla rilevando che vi siano altri soggetti contemporaneamente gravati dallo stesso obbligo per un diverso e autonomo titolo” (Cass. Pen., sez. IV, 20/1/98 e 19/2/98).
La legislazione prevenzionistica, “pur comprendendo tra i destinatari delle norme, dettate in materia antinfortunistica, anche i dirigenti, questi non si sostituiscono di regola alle mansioni dell’imprenditore del quale condividono, secondo le loro reali incombenze, oneri e responsabilità in materia di sicurezza” (Cass. Pen. Sez. IV 12/5/1988, Fadda in Cass. Pen. 1990, pag. 391 n. 790): vale a dire che i loro compiti derivano direttamente dal normale incarico dirigenziale conferito dal datore di lavoro.
Le responsabilità prevenzionistiche sono dunque concorrenti, e non reciprocamente esclusive.
Una sentenza posteriore (Cass. Pen. Sez. IV 1/7/1992, Boano in Cass. Pen. 1994, pag. 388 n. 285) ha evidenziato nel modo più chiaro possibile che i dirigenti [e i preposti], in senso lato, sono da identificarsi nei soggetti preposti alla direzione tecnico-amministrativa dell’azienda o di un reparto di essa con la diretta responsabilità dell’andamento dei servizi, come i dirigenti tecnici o amministrativi, i capi ufficio o i capi reparto, e che devono predisporre tutte le misure di sicurezza fornite dal capo dell’impresa e previste dalle norme, controllare le modalità del processo di lavorazione ed attuare nuove misure, anche non previste dalla normativa, necessarie per tutelare la sicurezza in relazione a particolari lavorazioni che si svolgono in condizioni non previste o non prevedibili dal legislatore.
Dunque un caporeparto può essere ritenuto un dirigente, ad esempio, ai fini della prevenzione, solo qualora la sua supremazia sul lavoratore non si estrinsechi unicamente in un’opera di sorveglianza con un limitato potere esecutivo, ma anche quando ad essa si aggiunga un potere organizzativo, dispositivo, di decisione di procedure di lavoro e di organizzazione dell’attività, dal punto di vista prevenzionistico, tale da porlo in una posizione quale quella definita dalle norme prevenzionistiche citate.
4. La posizione antinfortunistica del dirigente prescinde da incarichi formali e poteri spesa
I dirigenti devono, per quanto di competenza (e dunque anche a prescindere da incarichi formali antinfortunistici, e dal possedere poteri di spesa) e nell’ambito dell’organizzazione e del mansionario aziendale, avvalendosi delle conoscenze tecniche per le quali ricoprono l’incarico, vigilare sulla regolarità antinfortunistica e igienica delle lavorazioni, dare istruzioni affinché le lavorazioni possano svolgersi nel migliore dei modi, dunque in modo sano, sicuro e igienico, organizzare la produzione con un ulteriore distribuzione di compiti fra i dipendenti in modo tale da impedire la violazione della normativa e garantire un numero adeguato di preposti in grado di vigilare sull’effettiva osservanza dei compiti prevenzionistici da parte di tutti coloro che sono presenti sul luogo di lavoro, a qualunque titolo.
Anche prescindendo da una formale investitura da parte del datore di lavoro nella posizione dirigenziale con attribuzione dei compiti connessi e delle conseguenti responsabilità, il dirigente (anche di fatto, o anche un preposto che abbia compiti organizzativi e possa disporre l’adozione di procedure di lavoro sicuro) sarà comunque obbligato a rispettare la normativa antinfortunistica, in quanto espressamente menzionato tra i soggetti contitolari dell’obbligazione di sicurezza dallalegislazione prevenzionistica.
La Cassazione [Cassazione penale, Sez. IV- Sentenza n. 11351 del 31 marzo 2006 (u.p. 20 aprile 2005) – Pres. D’Urso – Est. Battisti – P.M. (Conf.) Salzano – Ric. Stasi e altro ] è esplicita: «la stessa formulazione della norma (…) consente di ritenere che il legislatore abbia voluto rendere i dirigenti e i preposti destinatari delle norme antinfortunistiche iure proprio, prescindendo dalla eventuale delega [o da altri tipi di esplicito incarico antinfortunistico]» e «può far ritenere che per questi due ultimi soggetti sia stata prevista una investitura originaria e non derivata dei doveri di sicurezza».
Inoltre, commenta Raffaele Guariniello, “è il caso di aggiungere che … «il datore di lavoro (…) e, nell’ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, i dirigenti e i preposti che dirigono o sovrintendono le stesse attività, sono tenuti all’osservanza delle disposizioni del presente decreto»”: “chiara è la finalità di questa norma: precisare una volta per tutte che gli obblighi (…) fanno generalmente capo ai datori di lavoro e, nell’ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, ai dirigenti e ai preposti” (sulle figure dei dirigenti e dei preposti si vedano Cass, 21 aprile 2006, Bruni, in ISL, 2006,6,378, Cass. 30 dicembre 2005, Oberrauch e altro, W., 2006.5,304; Cass. 7 dicembre 2005, P.C. in e, Pedemonte, M. 2006, 4,251).
La Cassazione ha altresì sottolineato che “sussiste la responsabilità del dirigente regolarmente delegato dal datore di lavoro all’adempimento degli obblighi in materia di sicurezza del lavoro (nella specie il direttore tecnico) con riferimento alle violazioni puramente formali o documentali, per evitare le quali non sono necessari né la collaborazione del datore di lavoro né alcun impegno di spesa; in ipotesi siffatte la delega è efficace anche se non comporti l’autonomia finanziaria del delegato (il principio è stato espresso con riguardo ad una fattispecie in cui al direttore tecnico veniva imputata l’omessa esibizione, in sede di ispezione, del libretto concernente un recipiente a pressione e l’omessa verifica periodica annuale -in effetti gratuita- di altri quattro recipienti)” [Cass. sez. III pen. 5.7.99 (ud. 30.3.99) n. 8489, ric. Volterrani ed altri]
Per inciso, si noti anche che “anche in relazione allo svolgimento di attività di organizzazioni complesse ed ampie, il dirigente non può spogliarsi dei connessi doveri di carattere eminentemente pubblico, e quindi inderogabili, se non a seguito del conferimento di una delega espressa, con l’indicazione dei doveri relativi allo svolgimento dell’attività di controllo e con il conferimento dei poteri e dei mezzi necessari ad adempierli (omissis) chè, anzi, anche in siffatta ipotesi di valida delega, non vengono meno tutti i doveri del dirigente, ma mutano di contenuto, permanendo a suo carico l’obbligo di una attività di coordinamento organizzativo, di direzione e di controllo dell’attività del delegato” (Corte di Cassazione Penale – sezione III, n° 6032 del 22/05/1988: Pedicini).
In tale senso «l’ordinamento individua un livello di responsabilità intermedio incarnato dalla figura del dirigente, che dirige, appunto, ad un qualche livello, l’attività lavorativa, un suo settore o una sua articolazione. Tale soggetto non porta le responsabilità inerenti alle scelte gestionali generali ma ha poteri posti ad un livello inferiore, solitamente rapportati anche all’effettivo potere di spesa» (Cassazione Penale, sez. IV, 8.11.2007, n. 47173)
I Dirigenti hanno il compito essenziale e ineludibile di adottare e attivare (dandovi la dovuta attuazione a seconda dei casi) le misure di prevenzione e protezione che il Documento di Valutazione dei Rischi avrà identificato come necessarie per contenere o eliminare i rischi esistenti nello svolgimento delle mansioni specifiche, e tutte le altre misure, disposizioni, regolamenti, procedure e istruzioni aziendali di sicurezza e igiene del lavoro.
I dirigenti “sono coloro che sono preposti alla direzione tecnico-amministrativa dell’azienda o di un reparto di essa con la diretta responsabilità dell’andamento dei servizi, e che partecipano solo eccezionalmente al lavoro normale, avendo il compito di predisporre anche tutte le misure di sicurezza, controllare le modalità del processo di lavorazione, e vigilare, secondo le loro attribuzioni e competenze, sulla regolarità dell’antinfortunistica delle lavorazioni” (Cass. pen., sez. IV, 1/7/93); occorre comunque sottolineare che (Cass. Pen. Sez. IV 8/6/1987, Dechici) “la ripartizione interna ed istituzionale delle specifiche competenze, sempre necessaria nell’ambito di aziende ad organizzazione complessa, non esonera di per se stessa il dirigente dall’osservanza degli obblighi derivanti dall’art. 4 d.P.R. 547/1955, a meno che con tale ripartizione il dirigente non abbia anche specificamente delegato l’adempimento di tali obblighi ai preposti ai singoli reparti, investendoli di ogni suo potere al riguardo; la delega, in tale ipotesi, dovrà comunque essere provata, non potendo essere semplicemente presunta in relazione alle dimensioni dell’impresa ed alla ripartizione interna dei compiti“.
Inoltre, com’è loro obbligo, contribuiscono alla valutazione dei rischi, segnalando tutte le situazioni pericolose e di carenza prevenzionistica riscontrate direttamente o indirettamente nei luoghi di lavoro.
Tra i compiti della funzione dirigenziale, particolare rilievo assumono i seguenti:
– adozione delle misure di sicurezza (tecniche, organizzative e procedurali per quanto di competenza) imposte dalla legislazione speciale antinfortunistica e di igiene del lavoro ed individuate dal datore di lavoro, e in modo particolare per coloro che siano titolari anche di poteri decisionali e di spesa, quali dirigenti ai sensi dell’art. 2095 del c.c. o in base al principio di effettività;
– valutazione delle capacità professionali dei lavoratori e assegnazione degli stessi a mansioni adeguate, conformemente alle loro capacità e condizioni anche dal punto di vista della salute e igiene del lavoro (art. 18 c. 3 lett. c D. Lgs. n. 81/2008: il dirigente “tiene conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza”);
– istruzione, informazione, formazione e, qualora necessario per legge o in base alla valutazione dei rischi, addestramento dei lavoratori [art. 36 e 37 D. Lgs. n. 81/2008, e molti altri articoli dello stesso Decreto, che le attività di formazione e informazione devono essere non formali e burocratiche, e le informazioni e istruzioni devono essere effettivamente assimilate dai lavoratori che devono dunque comportarsi sempre in modo sicuro e vigilati affinché attuino quel che è stato loro comunicato al riguardo (chi ha obblighi di sicurezza verso i lavoratori deve “attivarsi e controllare fino alla pedanteria che tali norme siano assimilate dai lavoratori nella ordinaria prassi di lavoro” – Cass. 6 febbraio 2004 Bixio, e Cass. Sez. IV pen. n. 18638 del 22 aprile 2004 Policarpo];
– adozione di un sistema di controllo e vigilanza, anche tramite un numero di preposti adeguato quantitativamente e qualitativamente (dunque anche dal punto di vista della competenza e della capacità), sull’effettivo rispetto delle misure aziendali di sicurezza tecniche, organizzative e procedurali, da parte dei lavoratori.
5. Identificazione del dirigente
Tra i criteri tradizionalmente utilizzati per identificare la figura di dirigente possono citarsi sono i seguenti:
– il suo essere l’alter ego dell’imprenditore e/o direzione politica;
– il possesso di una certa autonomia (ma, si basi bene, non indipendenza, altrimenti ci si troverebbe di fronte ad una differente figura aziendale, quella del datore di lavoro) decisionale;
– ampio margine di discrezionalità;
– esercizio delle sue funzioni svincolato da istruzioni;
– possibilità di influenzare la vita dell’azienda e/o dell’ufficio e/o del reparto o del servizio.
6. La figura del dirigente nella sentenza c.d. Thyssen della Corte d’Assise del Tribunale di Torino del 14 novembre 2011
La nota sentenza c.d. Thyssen della Corte d’Assise del Tribunale di Torino del 14 novembre 2011 n. 31095/07 N.R. n. 2/2009 RGA sviluppa il ragionamento in relazione ad un imputato: “Il ruolo dell’imputato MORONI ing. Daniele, come indicato nel capo di imputazione: “dirigente con funzioni di Direttore dell’area tecnica e servizi della THYSSEN KRUPP AST s.p.a.” non è oggetto di contestazione e risulta documentalmente provato (v. organigramma.ppt, estratto dagli archivi informatici in sequestro). Quale dirigente, egli è direttamente investito degli obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, come da art. 1 comma 4 bis D.Lgs 626/94 “nell’ambito delle rispettive attribuzioni e competenze”. In data 19/4/2007 l’A.D. ESPENHANH aveva confermato all’ing. MORONI la delega quale “responsabile dell’area tecnica e servizi”; il contenuto della delega consisteva nei “punti” 5.8, 5.9 e 5.10, già indicati (…)”. [Cassazione penale] Sentenza n. 13953/08, che premette di riportare la “consolidata giurisprudenza sul tema”: “Per quanto concerne le caratteristiche della delega, va rilevato che per la sua efficacia ed operatività, è necessario che:
a) l’atto di delega abbia forma espressa (non tacita) e contenuto chiaro, in modo che il delegato sia messo in grado di conoscere le responsabilità che gli sono attribuite;
b) il delegato abbia espressamente accettato gli incombenti connessi alla sua funzione,
c) il delegato sia dotato di autonomia gestionale e di capacità di spesa nella materia delegata, in modo che sia messo in grado di esercitare effettivamente la responsabilità assunta;
d) il delegato sia dotato di idoneità tecnica, in modo che possa esercitare la responsabilità con la dovuta professionalità… La delega da ESPENHANH a MORONI soddisfa i requisiti indicati … alle lettere a), b), d) (sulla competenza tecnica di MORONI, v. infra); per quanto invece riguarda il punto di cui alla lettera c): “capacità di spesa” ovvero, come ricordato nella seconda sentenza citata: “autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate”, la delega da ESPENHANH a MORONI risulta priva della disponibilità economica autonoma, in capo a MORONI, indispensabile perché sia sufficiente a “liberare” (ma giammai dell’obbligo di vigilare e controllare l’attività del delegato) ESPENHANH dalla sua responsabilità quale datore di lavoro: si legge infatti nella citata delega: “Utilizzerà (il delegato n.d.e.), in piena autonomia, il budget a Lei assegnato e qualora questo fosse insufficiente vorrà immediatamente informarmi per gli opportuni provvedimenti“- Ne consegue che l’imputato MORONI è, quale dirigente e con il ruolo sopra indicato, direttamente destinatario degli obblighi di cui al D.Lgs 626/94 [ora D.Lgs. n. 81/2008], mentre la delega a lui conferita da ESPENHANH sulla materia della sicurezza sul lavoro non è efficace, cioè non “libera” ESPENHANH : quest’ultimo continua ad essere personalmente obbligato e non solo per il residuo obbligo di vigilare e controllare l’esercizio della delega.
In una aurea sentenza, la Suprema Corte ha sottolineato con particolare vigore che in tema di sicurezza antinfortunistica, il compito “del dirigente cui spetta la “sicurezza del lavoro”, è molteplice e articolato, e va dalla istruzione dei lavoratori sui rischi di determinati lavori e dalla necessità di adottare certe misure di sicurezza, alla predisposizione di queste misure e quindi, ove le stesse consistano in particolari cose o strumenti, al mettere queste cose, questi strumenti, a portata di mano del lavoratore e, soprattutto, al controllo continuo, pressante, per imporre che i lavoratori rispettino quelle norme, si adeguino alle misure in esse previste e sfuggano alla superficiale tentazione di trascurarle Il responsabile della sicurezza, sia egli o meno l’imprenditore, deve avere la cultura e la forma mentis del garante del bene costituzionalmente rilevante costituito dalla integrità del lavoratore ed ha perciò il preciso dovere non di limitarsi ad assolvere normalmente il compito di informare i lavoratori sulle norme antinfortunistiche previste, ma deve attivarsi e controllare sino alla pedanteria, che tali norme siano assimilate dai lavoratori nella ordinaria prassi di lavoro. Inoltre lo specifico onere di informazione e di assiduo controllo, se è necessario nei confronti dei dipendenti dell’impresa, si impone a maggior ragione nei confronti di coloro che prestino lavoro alle dipendenze di altri e vengano per la prima volta a contatto con un ambiente delle strutture a loro non familiari e che perciò possono riservare insidie non note” [Cassazione penale sez. IV, 3 marzo 1995, n. 6486, in Grassi, Cass. pen. 1996,1957 (s.m.)].
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avv. Rolando Dubini