Rischi operativi e rischi organizzativi

E’ riconosciuto da tempo il ruolo primario del “fattore umano” e del comportamento individuale nell’accadimento di eventi infortunistici ed incidentali sui luoghi di lavoro, così come in ogni altro contesto quotidiano (anche domestico): questa consapevolezza che sta progressivamente penetrando anche ai più alti livelli delle Organizzazioni, insieme agli obblighi formativi nazionalmente sempre meglio definiti ed organizzati (sia dentro la normativa rivolta alla tutela della salute e sicurezza dei Lavoratori, sia dentro la normativa sui rischi industriali rilevanti), ha determinato in questi anni un incremento dell’attività di formazione ed addestramento dei Lavoratori nelle Aziende, specie in quelle ad alto rischio industriale (a RIR – Rischio di Incidente Rilevante).
Tale formazione è rivolta -da un lato- ad illustrare i rischi connessi con la mansione lavorativa dei Lavoratori, ma dall’altro è rivolta anche ad indicare le migliori modalità di gestione di tali rischi così come codificate dal Servizio di Prevenzione e Protezione aziendale nell’ambito delle procedure di sicurezza: scopo ultimo del processo formativo è quindi quello di avere Lavoratori in grado di conoscere e gestire i propri rischi professionali grazie ad una buona conoscenza, una buona capacità di uso di dispositivi, di apparecchiature, di sostanze e di macchinari, e grazie anche alla messa in atto di comportamenti operativi corretti, adeguati al tipo di attività lavorativa ed ai rischi ad essa collegati.
(il ruolo del comportamento nella generazione di infortuni ed incidenti, dalla Campagna “Step Change in Safety“, la campagna delle Major petrolifere volta a promuovere la “sicurezza comportamentale”, cioè la sicurezza basata sui corretti comportamenti di Lavoratori).
Facendo riferimento al Testo Unico di salute e sicurezza dei lavoratori (D.Lgs. 81/08 e s.m.i.), l’art. 20 (“Obblighi dei Lavoratori”) comma 2 prevede obblighi di corretto comportamento nei confronti delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
Ma d’altronde, considerando che un evento infortunistico difficilmente ha origine solo da una condotta inosservante da parte del lavoratore, sempre il D.Lgs. 81/08 (e s.m.i.) all’art. 19 (“Obblighi del Preposto”) specifica chiaramente la funzione del Preposto nel controllo e nella vigilanza quale ulteriore ‘barriera’ sistemica è fondamentale per impedire il verificarsi di comportamenti erronei e dei potenziali conseguenti infortuni, anche nei casi in cui il comportamento imprudente sia stato indotto da situazioni giudicate ‘non previste’.
Facendo riferimento alla già citata campagna “Step Change in Safety” ed allo “Swiss Cheese Model” (altrimenti detto “Modello del formaggio svizzero, di Reason”) che è stato in essa ampiamente usato, dal manuale “HUMAN FACTORS – How to take the first steps” (allegato a questa news) estraiamo l’infografica a seguito da cui si evidenzia come i livelli di sicurezza posti a protezione del reale accadimento di un incidente siano vari e numerosi: impianti sicuri, ben progettati e ben realizzati, sistema organizzativo generale e procedurale, ma anche corretta operatività e comportamenti sicuri:
Se le Aziende stanno sempre più comprendendo queste logiche ed il valore della formazione ai corretti comportamenti professionali come strada per una efficace riduzione dei “rischi operativi” (connessi con le singole mansioni lavorative), tuttavia ancora non è sufficiente: serve superare una sola logica operativa ampliando la visione dei rischi lungo le filiere operative aziendali, per arrivare ad analizzare e gestire i cosiddetti “rischi organizzativi“.
Per rischi organizzativi si intendono i rischi trasversali alle mansioni lavorative aziendali “derivati da una o più carenze dell’organizzazione, in termini gestionali, metodologici, operativi come un’insufficiente formazione, attribuzioni di responsabilità poco chiare, mancanza o inefficacia di procedure interne, scarso coinvolgimento, carenze metodologiche nell’analisi del rischio, ecc. Dal concretizzarsi di queste criticità discendono situazioni che possono avere impatti diretti e indiretti sulle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro” (o di incidente rilevante).
Ampliando quanto già superiormente introdotto, se quindi sui rischi operativi c’è ormai diffusa consapevolezza in merito alla necessità di loro gestione (anche mediante la qualificazione degli addetti ed la loro formazione e motivazione all’attuazione di corretti comportamenti lavorativi), anche sulla prevenzione dei rischi impiantistici l’attenzione sembra essere mediamente altrettanto alta e significativa: nel settore dei GPL italiano, in particolare, la presenza di una regola tecnica che norma e definisce con un elevatissimo livello di dettaglio la regole per la progettazione, costruzione ed esercizio dei grandi impianti di stoccaggio insieme agli obblighi di gestione impiantistica emergenti dal recepimento delle Direttive Seveso (che attraverso il SGS-PIR prevedono anche una serie di attività gestionali di controllo e manutenzione preventiva verso gli impianti) offre un ulteriore garanzia di corretto esercizio degli impianti stessi.
L’ambito più complesso ed ancora da esplorare è invece proprio quello legato alla identificazione e gestione dei rischi organizzativi, cioè i rischi trasversali rispetto ai processi aziendali e che derivano proprio da carenze organizzative o di gestione: questi limiti organizzativi, che si declinano poi in concrete e quotidiane problematiche operative, e che sono di fatto i precursori di situazioni di rischio in definitiva aggravando o modificando i livelli di rischio delle mansioni individuale.
Ritornando a fare riferimento al Testo Unico di salute e sicurezza dei lavoratori (D.Lgs. 81/08 e s.m.i.), il suo Articolo 15 (“Misure generali di tutela”) prevede espressamente che vengano valutati e gestiti tali rischi così come a seguito riportato:
D.Lgs 81/08, Articolo 15 (“Misure generali di tutela”):
1. Le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro sono:
a) la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza;
b) la programmazione della prevenzione, mirata ad un complesso che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive dell’azienda nonché l’influenza dei fattori dell’ambiente e dell’organizzazione del lavoro;
c)……(omissis);
Un riferimento tecnico possibile per la valutazione e gestione di questi rischi (e quindi per l’adempimento agli obblighi espressi dalla normativa cogente) norma EN ISO 12100-1 che fornisce alcuni esempi dei “tipi di uso scorretto o di comportamento umano facilmente prevedibile da prendere in considerazione, riportando dunque il tema del comportamento imprudente del lavoratore sul terreno della prevedibilità”. E se la prevedibilità del comportamento del lavoratore non è impossibile, “ciò rafforza l’idea che l’ elemento umano (e i suoi comportamenti) sia un ‘componente’ del sistema lavoro, di cui possa essere valutata e massimizzata l’affidabilità e che si presta ad essere strutturato in modelli di comportamento sistemico”.
La tematica della valutazione e gestione dei rischi organizzativi è quindi ampia e relativamente di nuovo approccio da parte delle Aziende: consigliamo quindi un approfondimento anche mediante consultazione dei documenti allegati, con particolare e primario riferimento al documento INAIL “Gestione elemento umano nelle Organizzazioni”.
Il Settore Formazione del Comitato Tecnico Professionale GPL – Milano
downloadINAIL – Gestione elemento umano nelle Organizzazioni (3287KB) downloadHuman_Factors-First_Steps (1740KB) downloadswiss cheese model (794KB)