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Dirigente per la sicurezza aziendale: responsabilità in funzione della sua (reale) capacità impeditiva

Dirigente per la sicurezza aziendale: responsabilità in funzione della sua (reale) capacità impeditiva

13.05.2013
Dirigente per la sicurezza aziendale: responsabilità in funzione della sua (reale) capacità impeditiva

Il D.Lgs. 81/08, art. 2, comma 1, lettera d) definisce il Dirigente come “persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa“.

Quindi, nell’ambito del sistema prevenzionistico aziendale il Dirigente è colui il quale riceve delega da parte del Datore di Lavoro per lo svolgimento di una o più delle proprie specifiche funzioni di sicurezza datoriali, così come individuate dall’art. 18 del medesimo D.Lgs. 81/08: la delega deve essere realizzata in maniera sostanzialmente coerente con l’organizzazione aziendale e con le funzioni che poi saranno effettivamente svolte dal Dirigente, verso il quale il Datore di Lavoro dovrà vigilare circa la corretta e completa osservanza nell’esecuzione delle funzioni delegate. Il medesimo articolo 16, comma 1, lettera d) del D. Lgs. n. 81/2008, richiede che la delega “attribuisca al delegato l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate“, cioè che il delegato (Dirigente) sia messo in condizioni (anche economiche) di poter svolgere efficacemente le funzioni a lui delegate.

L’atto di delega è quindi valido nella misura in cui sia realizzato un effettivo trasferimento dei poteri alla figura dirigenziale, con l’attribuzione di una piena autonomia decisionale, gestionale ed economica (con importo di spesa proporzionale ai compiti trasferiti, quindi non necessariamente “illimitato” come sostenuto da diverse parti): questa posizione è stata ribadita dalla Corte di Cassazione (Cass. Pen. 23 febbraio 1993, n. 1760; Cass. pen. 23 marzo 1994, n. 3455) che ha precisato il conferimento di “mezzi adeguati al corretto espletamento dell’incarico“.

E proprio sull’insufficiente potere di spesa si può giocare l’esenzione di responsabilità per il Dirigente in caso di infortuno sul lavoro, nella misura in cui questo limite abbia determinato l’impossibilità di una sua azione impeditiva, preventiva all’accadimento dell’infortunio.

La giurisprudenza interpretativa (Cass. pen. 23 giugno 1994, n. 7301 e Cass. Pen. Sez. III, 27 luglio 1995, n. 8567) sancisce con chiarezza questa logica sin dalla metà degli anni ’90, precisando l’esenzione del dirigente dalla responsabilità nella situazione in cui egli si sia adoperato per l’attività prevenzionistica nel limite dei mezzi messi a sua disposzione, oltre che abbia sollecitato più volte gli interventi datoriali laddove egli non poteva arrivare.

Ma la responsabilità del Datore di Lavoro potrebbe non fermarsi a questo livello nel caso in cui egli abbia mancato di verificare la professionalità ed esperienza del delegato (prima di realizzare della delega) o qualora il Datore stesso non abbia vigilato circa il mantenimento della professionalità ed esperienza da parte del Dirigente (oltre che, ovviamente, della corretta e completa attuazione delle misure connesse alle funzione delegate): nel primo caso, si potrebbe configurare una “culpa in eligendo” (cioè la delega di funzioni datoriali a persona incapace di sostanziarle, in parte o completamente) mentre nel secondo caso si potrebbe configurare a suo carico una “culpa in vigilando“.

Il Settore Formazione del Comitato Tecnico Professionale GPL – Milano