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Inidonea valutazione dei rischi e inidonei DPI: le responsabilità del Datore di Lavoro

Inidonea valutazione dei rischi e inidonei DPI: le responsabilità del Datore di Lavoro

12.12.2012
Inidonea valutazione dei rischi e inidonei DPI: le responsabilità del Datore di Lavoro

Segnaliamo due diverse sentenze che precisano le responsabilità del Datore di Lavoro (DDL) in caso di inidoneità delle misure preventive e protettive per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.

RESPONSABILITA’ DEL DDL IN CASO DI INADEGUATA VALUTAZIONE DEI RISCHI ED INADEGUATA FORMAZIONE DEI LAVORATORI
La prima sentenza (“Cassazione Penale Sez. III – Sentenza n. 4063 del 28 gennaio 2008 (u. p. 4 ottobre 2007) – Pres. De Maio – Est. Franco – P. M. (Conf.) Tindari Baglione – Ric. F. G.“) sostanzialmente afferma il principio per cui, ai fini sanzionatori, una valutazione dei rischi non idonea (in quanto non accurata o comunque non adeguata) corrisponde sostanzialmente ad una mancanza della valutazione dei rischi medesima: alla stessa maniera, rimanendo sempre al livello preventivo e sempre parlando in termini sanzionatori, una insufficiente formazione dei lavoratori corrisponde ad una loro mancata formazione.

Il caso a cui si riferisce la sopraccitata sentenza della Corte di Cassazione riguarda una condanna ad un DDL (titolare di un laboratorio di confezioni) che aveva omesso di realizzare (ai sensi delle indicazioni dell’allora vigente articolo 4, comma 2, del D.Lgs. n. 626/94) una idonea valutazione dei rischi professionali collegati alle specifiche e particolari situazioni lavorative, con omissione della consultazione a tale scopo il Medico competente ed il RLS aziendale e con omissione nella definizione delle misure di prevenzione più idonee a tutelare i lavoratori verso i rischi professionali cui erano esposti; ugualmente il DDL era stato condannato per aver disatteso nella progettazione (e relativa attuazione) di una adeguata attività formativa per i lavoratori (comprensiva di obiettivi, moduli didattici e strumenti per la verifica dell’apprendimento) omettendo il rispetto degli obblighi di cui all’allora vigente articolo 22, comma 1, del D.Lgs. n. 626/94.

Alcuni stralci dal testo della Sentenza: “…..perché il documento di valutazione dei rischi (pur essendo stato redatto) non era sufficiente ed adeguato, in quanto non individuava gli specifici pericoli cui i lavoratori erano sottoposti in relazione alle diverse mansioni svolte e non specificava quali misure di prevenzione dovevano essere adottate” e poi, sulla formazione “……era stata contestata non solo la mancanza di attuazione e progettazione di attività formativa, ma anche di non aver assicurato ‘adeguata attività formativa’, il che comprendeva pure le ipotesi di attività formativa insufficiente ed inadeguata“.

RESPONSABILITA’ DEL DDL IN CASO DI FORNITURA DI INADEGUATI DPI AI LAVORATORI
La seconda sentenza di questo articolo (“Corte di Cassazione – Penale Sezione IV – Sentenza n. 28665 del 17 luglio 2012 (u. p. 8 marzo 2012) – Pres. Marzano – Est. Vitelli Casella – P.M. Geraci – Ric. (omissis). – Mettere a disposizione di un lavoratore un dispositivo individuale di protezione allo stesso inadeguato e quindi inutilizzabile allo scopo equivale in sostanza a non fornirgli alcun dpi con conseguente violazione del relativo obbligo“) riguarda invece il ricorso di un DDL alla sanzione lui erogata in secondo grado ai sensi degli artt. 590 c.p., comma 3 ed articolo 583 c.p., comma 1, in conseguenza alle lesioni personali (con conseguente malattia superiore ai 40 giorni) di un lavoratore addetto alla macellazione. Si noti che il lavoratore si era infortunato alla mano sinistra in quanto sprovvisto di idoneo guanto a meglie metalliche mentre utilizzava una mannaia per tagliare carne: il guanto non era utilizzato in quanto di forma ergonomicamente non utilizzabile dal lavoratore (era cioè di dimensioni troppo grandi), essendo presente in macelleria un solo guanto metallico di grandi dimensioni per tutti.

A fronte di questa fattispecie del DDL che aveva proceduto all’acquisto di un solo DPI per tutti (e senza aver verificato le dimensioni delle mani dei dipendenti), si era prospettato un profilo di colpa ai sensi del mancato rispetto degli allora vigenti artt. 42 e 43, comma 3 del D.Lgs. 626/94: il DDL aveva cercato di difendersi sostenendo che il lavoratore avesse omesso di segnalargli l’inadeguatezza del guanto, non mettendolo in condizioni di sapere della sostenziale non utilizzabilità (e non utilizzo) del DPI da parte del lavoratore medesimo.

La Cassazione, rimandando comunque la sentenza di condanna del DDL ricorrente alla Corte d’Appello per un nuovo esame dei fatti, a fronte della disponibilità di un unico guanto di “dimensioni esagerate e certamente non idoneo ad assicurare la protezione delle mani del lavoratore” ha precisato che “È ovviamente incontestabile che mettere a disposizione del dipendente un mezzo di protezione individuale, allo stesso inadeguato (di guisa da esser inutilizzabile allo scopo) equivale,nella sostanza, a non fornirne alcuno con il conseguente inadempimento agli specifici obblighi imposti al datore di lavoro“.

Il Settore Formazione del Comitato Tecnico Professionale GPL – Milano