Responsabilità del dirigente in materia di sicurezza (e prevenzione incendi)
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La Corte di Cassazione, Penale Sezione IV (Sentenza n. 22334 del 6 giugno 2011 (u. p. 7 aprile 2011) – Pres. Marzano – Est. Blaiotta– P.M. Monetti – Ric. B. A., N. R. e M. G. C.) offre nuovi spunti di riflessione su ruolo e responsabilità del dirigente per la sicurezza, questa volta nel campo della prevenzione incendi.
Il fatto colposo è legato ad un incendio notturno in un albergo, causato da due turiste americane che hanno svuotato il posacenere con mozziconi non completamente spenti nel cestino dei rifiuti: a partire da questo innesco l’incendio si è poi sviluppato distruggendo interamente la struttura alberghiera e provocando anche la morte di alcuni ospiti. In quel momento non era presente in albergo nessuno dei 24 operatori membri della squadra di emergenza, correttamente formati quali addetti antincendio secondo indicazioni del DM 10/03/1998.
In primo grado erano stati condannati in solido per i reati di incendio colposo e di omicidio colposo plurimo l’amministratore e legale rappresentante della società proprietaria dell’albergo incendiato, l’amministratore di fatto della stessa società ed il direttore dell’albergo (dirigente per la sicurezza nonché capo della squadra di emergenza aziendale).
A seguito del ricorso da parte di tutti i condannati, giunti in ultimo grado la Cassazione si è espressa accogliendo il ricorso dell’amministratore di fatto della società proprietaria dell’albergo, assolvendolo, mentre ha rigettato quello del rappresentante legale della società medesima e del direttore della struttura alberghiera.
Il legale rappresentante della società, in particolare, aveva cercato di discolparsi sostenendo che non era nelle condizioni di svolgere la vigilanza sul rispetto e l’attuazione delle misure di emergenza (compresa la gestione della turnazione del personale inserito nella squadra di emergenza, che mancava completamente la notte dell’incidente), specie considerando che l’obbligo di sovrintendere e coordinare l’impiego del personale addetto all’emergenza era totalmente in capo al direttore dell’albergo, coordinatore della medesima squadra di emergenza.
Il direttore dell’albergo, invece, aveva cercato di difendersi sostenendo che al momento dell’infortunio non era in servizio, e che quindi la colpa era solamente da identificare nelle evidenti carenze gestionali degli operatori presenti (il portiere ed un fattorino, che avevano aumentato le proporzioni della tragedia per incapacità di gestire l’evacuazione e per il ritardo nell’allertamento dei VV.F.). Inoltre il Direttore aveva cercato di sostenere che era in capo al datore di lavoro ogni onere circa la valutazione dei rischi e la individuazione delle misure di prevenzione e protezione, dal momento che il suo essere capo squadra antincendio si limitava a coordinare gli addetti alla lotta antincendio in caso di emergenza (esclusivamente durante i suoi turni di lavoro).
Ma, come già dicevamo, la Corte di Cassazione ha respinto le richieste di assoluzione del legale rappresentante e del Direttore dell’albergo, facendo notare che se pure l’incendio è stato determinato dal comportamento imprudente delle due giovani statunitensi ospiti, la completa assenza della squadra di emergenza (essendo quella notte in servizio in albergo solo il portiere ed un facchino) ha fatto sì che il Piano di Emergenza (PE) correttamente realizzato fosse disatteso.
E quindi, se pure vi erano tutte le condizioni per neutralizzare l’avvio delle fiamme impedendo così che il fuoco si sviluppasse e coinvolgesse l’intero edificio (quali: presenza di idonei strumenti per la gestione delle emergenze -quale il PE-, addetti antincendio regolarmente formati, albergo conforme ai requisiti di sicurezza previsti dalla legge, presidi antincendio -quali estintori ed idranti- presenti e funzionanti), la inidonea gestione del lavoro nel turno serale ha sostanzialmente annullato tutte le precedenti e corrette attività preventive.
Scrive la Cassazione nella sentenza: “Il direttore di una struttura ricettiva è tenuto a garantire l’incolumità fisica degli utenti mediante idonea organizzazione dell’attività di vigilanza rispettando così oltre alle regole legali anche quelle imposte dalla comune prudenza”.
E poi: “Il sistema prevenzionistico nell’ambito della sicurezza del lavoro, si fonda da sempre su tre figure cardine: il datore di lavoro, il dirigente, il preposto. Tali figure incarnano distinte funzioni e diversi livelli di responsabilità e sono tenute ad adottare, nell’ambito dei rispettivi ruoli, le iniziative necessarie ai fini dell’attuazione delle misure di sicurezza appropriate; nonché ad assicurarsi che esse siano costantemente applicate”.
Ancora la Cassazione: “In particolare già ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 4, e del D.lgs. n. 626 del 1994, articolo 1, comma 4 bis, ed infine nell’ambito del Testo unico sulla sicurezza, il datore di lavoro è colui che esercita l’attività, ha la responsabilità della gestione aziendale e pieni poteri decisionali e di spesa. In connessione con tale ruolo di vertice, l’ordinamento prevede numerosi obblighi specifici penalmente sanzionati. Tali norme individuano altresì un livello di responsabilità intermedio, incarnato dalla figura del dirigente, che dirige appunto, ad un qualche livello, l’attività lavorativa, un suo settore o una sua articolazione. Tale soggetto non porta le responsabilità inerenti alle scelte gestionali generali; ma ha poteri posti ad un livello inferiore. Il terzo livello di responsabilità riguarda la figura del preposto, che sovrintende alle attività (per ripetere il lessico del predetto Decreto del Presidente della Repubblica n. 547, articolo 4) e che quindi svolge funzioni di supervisione e controllo sulle attività lavorative concretamente svolte”.
Conclude la Cassazione: “Il dirigente, dunque, ai sensi della normativa richiamata, nell’ambito del suo elevato ruolo nell’organizzazione delle attività, è tenuto a cooperare con il datore di lavoro nell’assicurare l’osservanza della disciplina legale nel suo complesso; e, quindi, nell’attuazione degli adempimenti che da ultimo l’articolo 4, comma 5, dello stesso Decreto n. 626 demanda al datore di lavoro. Tale ruolo, naturalmente, è conformato ai poteri gestionali di cui dispone concretamente”. Ed è in conseguenza del detto ruolo dirigenziale che il direttore dell’albergo avrebbe dovuto senza dubbio attuare il piano antincendio, assicurando la costante presenza nella struttura di personale qualificato, in grado di far fronte all’emergenza per cui tale omissione ha determinata la responsabilità colposa individuata dal giudice di merito“.
E riguardo la posizione del RSPP? Per la Cassazione: “Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione non ha un ruolo operativo che possa fondare una autonoma posizione di garanzia. Il servizio di prevenzione e protezione, deve essere composto da persone munite di specifiche capacità e requisiti professionali, adeguati ai bisogni dell’organizzazione; ed ha importanti compiti, previsti dall’articolo 33 del Testo Unico sulla sicurezza (ma già delineati nella precedente normativa), che consistono nella individuazione e valutazione dei rischi, nonché nel proporre le misure preventive e protettive di cui all’articolo 28. Tale figura ha quindi importanti funzioni di supporto informativo, valutativo e programmatico ma non ha poteri gestori che possano fondare un’autonoma sfera di responsabilità”.
Ciò significa che non si può impropriamente attribuire al medesimo RSPP responsabilità prevenzionistiche che fanno capo ad altri soggetti, DDL e Dirigente per la sicurezza in primis.
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Il Settore Formazione del Comitato Tecnico Professionale GPL – Milano