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Corte di Cassazione: principio di effettività e colpa concorrente (multipla)

Corte di Cassazione: principio di effettività e colpa concorrente (multipla)

10.01.2017
Corte di Cassazione: principio di effettività e colpa concorrente (multipla)

L’art.299 del D.Lgs. 81/08 (“Esercizio di fatto di poteri direttivi”) prevede che “Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b), d) ed e) gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti.”

Ciò significa che, come abbiamo più volte trattato su questo sito, gli obblighi prevenzionistici per le figure sopra indicate di datore di lavoro, dirigente e preposto (e quindi le responsabilità ad essi collegate) sono a carico di chi “di fatto” svolge una determinata funzione in Azienda: alla luce della più chiara pronuncia della Corte di Cassazione (Cassazione Penale, Sez.VII, 1° agosto 2016 n. 33799, sentenza che peraltro non fa che confermare gli orientamenti espressi dal D.Lgs. 81/08 e s.m.i.) si dovrebbe però dire che tali obblighi prevenzionistici (e quindi le responsabilità ad essi collegate) sono a carico ANCHE a chi “di fatto” svolge una determinata funzione in Azienda.

Come anticipato, in realtà questa logica della emerge in maniera molto chiara già anche dal D.Lgs. 81/08: l’art.299, usando l’avverbio “altresì”, attribuisce infatti una “responsabilità in via concorrente (e non esclusiva)” a chi esercita in concreto i poteri e a chi ha una posizione formale, pur se “meramente apparente”: una sorta, quindi, di delega formale e non sostanziale, che non trasferisce alcuna funzione e responsabilità verso terze figure.

Nella sentenza in oggetto la Corte rigetta il ricorso dell’imputato (datore di lavoro formale, a cui il cognato aveva chiesto cortesemente di ricoprire incarico di amministratore della società) il quale sosteneva che “la carica di amministratore di diritto non è di per sé sufficiente a fondare la responsabilità penale per i reati commessi nell’esercizio dell’impresa quando la gestione di quest’ultima appartiene nella sua integralità ad altra persona che la esercita di fatto).”
 
La Cassazione giudica infondata tale argomentazione in quanto “è vero che, secondo un risalente e consolidato insegnamento giurisprudenziale, peraltro oggi codificato dall’art.299, d.lgs. n. 81 del 2008, la individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro e sull’igiene del lavoro deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita bensì sulle funzioni in concreto esercitate, che prevalgono, quindi, rispetto alla carica attribuita al soggetto (ossia alla sua funzione formale) (Sez. U, n. 9874 del 01/07/1992, Giuliani, Rv. 191185), ma è altrettanto vero che l’art.299, cit., attribuisce tale responsabilità in via concorrente (e non esclusiva) a chi, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti al datore di lavoro, non escludendo in alcun modo quella di quest’ultimo (il datore di lavoro).”

Secondo la Corte “la responsabilità dell’amministratore della società, in ragione della posizione di garanzia assegnatagli dall’ordinamento, non viene meno per il fatto che il ruolo rivestito sia meramente apparente (così, Sez. 4, n. 49732 del 11/11/2014, Canigiani, Rv. 261181). L’esegesi della norma, come proposta dal ricorrente, non solo tradisce il suo chiaro tenore letterale, reso evidente dall’uso del termine “altresì”, ma frustra anche la “ratio” sottesa all’onere per il datore di lavoro che intenda validamente trasferire ad altri le proprie responsabilità, di delegare le proprie funzioni nei modi e termini previsti dall’art. 16, d.lgs. n. 81 del 2008.”

Pertanto “ne consegue che l’individuazione di un datore di lavoro “formale” non si pone in contrapposizione con l’eventualità dell’esistenza anche di un datore di lavoro di fatto”: e, in questo caso, le responsabilità sono attribuite ad entrambi secondo la logica della colpa concorrente.

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